martedì 24 novembre 2009
Noi giovani imprenditori di noi stessi...
Guardando la puntata di L’infedele (su La7) di ieri sera (qui il post relativo alla puntata nel blog di Gad Lerner) cosa scopro? Che Luca Casarini, il leader dei “disobbedienti”, dei “no-global”, è... “una partita iva”! Da qualche tempo, infatti, la più famosa “tuta bianca” d’Italia si occupa (senza k...) di «consulenza sul marketing e design pubblicitario» come libero professionista. Insomma: siamo colleghi – anzi, quasi quasi siamo pure concorrenti.
Inizialmente mi stupisco, poi sorrido e dico tra me e me: quale scelta migliore per un “autonomo”, se non quella di diventare un lavoratore autonomo? In fine dei conti anche io ho occupato la scuola, anche io ho frequentato i centri sociali, ed eccomi qua, autonomo e indipendente...
mercoledì 18 novembre 2009
Altino dal cielo
La città telerivelata. Lineamenti di Forma urbis
VI Convegno di Studi Altinati
Pubblico e diffondo il programma del VI Convegno di Studi Altinati “Altino dal cielo: la città telerivelata. Lineamenti di Forma urbis”, che si terrà il giorno 3 dicembre 2009 all'Università Ca' Foscari di Venezia presso l'Aula Magna di Ca' Dolfin, unitamente all’invito per la presentazione del volume degli Atti del V Convegno di Studi Altinati “Altnoi. Il santuario altinate: strutture del sacro a confronto e i luoghi di culto lungo la via Annia”, che avrà luogo il giorno 2 dicembre 2009 presso la Sala del Consiglio di Ca' Corner, sede della Provincia di Venezia.
[Scarica il programma in pdf - 1,8 Mb]
Personalmente ci sarò, anche per darne successivamente conto nel blog.
Mi dispiace invece non vedere, tra i partecipanti ufficiali, nemmeno un rappresentante politico di Quarto d'Altino, come ad esempio l'assessore alle Azioni per lo sviluppo di Altino o quello alla Cultura. Sicuramente li troverò tra il pubblico.
VI Convegno di Studi Altinati
Pubblico e diffondo il programma del VI Convegno di Studi Altinati “Altino dal cielo: la città telerivelata. Lineamenti di Forma urbis”, che si terrà il giorno 3 dicembre 2009 all'Università Ca' Foscari di Venezia presso l'Aula Magna di Ca' Dolfin, unitamente all’invito per la presentazione del volume degli Atti del V Convegno di Studi Altinati “Altnoi. Il santuario altinate: strutture del sacro a confronto e i luoghi di culto lungo la via Annia”, che avrà luogo il giorno 2 dicembre 2009 presso la Sala del Consiglio di Ca' Corner, sede della Provincia di Venezia.
(Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
[Scarica il programma in pdf - 1,8 Mb]
Personalmente ci sarò, anche per darne successivamente conto nel blog.
Mi dispiace invece non vedere, tra i partecipanti ufficiali, nemmeno un rappresentante politico di Quarto d'Altino, come ad esempio l'assessore alle Azioni per lo sviluppo di Altino o quello alla Cultura. Sicuramente li troverò tra il pubblico.
giovedì 12 novembre 2009
Palazzetto 5: Appunti da un consiglio comunale aperto
Difficile scrivere qualcosa di organico e ordinato su un evento straordinario come quello di lunedì sera scorso (9 novembre). Mi riferisco al tanto (o meglio: troppo) atteso consiglio comunale aperto nel quale si è dibattuta la proposta – avanzata all'amministrazione dai 791 cittadini firmatari della famosa petizione agostana – di fare un passo indietro riguardo le proprie scelte e "stornare" l'area del palazzetto dalla lista dei beni alienabili del comune.
Vi racconto subito com'è andata a finire: per un voto di scarto le cose resteranno come sono. 8 contrari alla petizione, 7 favorevoli, uno (il consigliere di maggioranza Grosso) astenuto.
Già qui c'è da aprire una parentesi vergognosa. All'inizio della seduta mancavano all'appello solo due consiglieri, entrambi di maggioranza: l'assessore Canonaco e il consigliere Calzavara. Cose che capitano, a novembre, in piena stagione influenzale. A meno di mezz'ora dalla fine, ovvero quando ormai la discussione si era conclusa, dando modo (in teoria) a ogni consigliere di farsi la propria idea, in piena coscienza, su come votare, fa la sua comparsa in sala l'assessore Canonaco – come dire: l'ago della bilancia. Il segretario comunale ribatte a chi obietta la correttezza di questo gesto dicendo che è tutto in regola, che la consigliera può votare, anche se non ha seguito la seduta, anche se non ha sentito le opinioni della cittadinanza. Nell'aria aleggia – oltre che lo spettro di un possibile contagio di massa, visto il numero di persone e la scarsità d'aria nella sala – un pensiero comune: "Bella prova di democrazia!". (Per inciso: dopo due giorni io ero a letto con 38 di febbre, nausea e... mi fermo qua).
Sorvolo sulle pieghe "manesche" che ha preso la questione a fine seduta. Più interessante riportare le motivazioni della maggioranza rispetto alle proprie scelte (cito parafrasando e riassumendo gli interventi, a partire da quello iniziale dell'assessore Bianchini, passando per le varie dichiarazioni del sindaco Marcassa):
Insomma: avessero il tempo per farlo (certo: a meno che Venezia non vinca la candidatura alle Olimpiadi...) loro venderebbero l'area del palazzetto (tutta, compreso verde, campetto, parcheggio) a un privato, che lì costruirebbe condomini da 3 o 4 piani fuori terra per un totale di 38 / 50 appartamenti. Con i soldi che il comune incasserebbe dall'operazione, acquisterebbero il terreno in via Colombera e ci costruirebbero (sempre che i soldi bastino) delle strutture nuove, moderne, più grandi (anche se ancora non si sa bene cosa esattamente). Il tempo però non c'è, quindi si limitano a fare questo lavoro – sporco e impopolare, come stiamo vedendo – preparatorio per chi verrà dopo di loro. Il quale – immagino io – se sarà un loro prolungamento politico, in campagna elettorale avrà in mano una doppia arma: da un lato il palazzetto ancora in piedi (prova che loro le promesse le mantengono), dall'altro la promessa di realizzare in tempi brevi (se eletti) la "cittadella dello sport" (prova della loro capacità manageriale). Difficile quindi, per un eventuale avversario politico, competere con chi in campagna elettorale potrà promettere il progresso – anche a costo di un pezzo sano del paese – e per di più con le carte in regola per mostrarsi "senza macchia".
Ma nel tra le righe delle posizioni della maggioranza c'è dell'altro, su cui qualcuno ha cercato di soffermarsi, però con scarsi risultati, anche a causa del "disordine" che un consiglio comunale aperto purtroppo comporta. Se si fosse discusso della questione prima in un incontro pubblico, poi in un consiglio comunale non aperto (se non ai promotori della petizione, e con un'altrettanto forte partecipazione) certe cose forse si sarebbero notate di più.
Ad esempio la questione dell'area verde e del campetto. Da come l'ha spiegato l'assessore Bianchini, sembrerebbe che nessuno voglia toccarli. Ma questo cosa significa? Che resteranno esattamente dove sono ora, come chiedono i firmatari? Specialmente l'area verde, che ora costituisce un prolungamento ideale dei "giardinetti" (o "parco", come va di moda chiamarlo adesso): resterà lì dov'è o verrà ridistribuita all'interno del lotto? La questione, su cui ha cercato di portare più volte l'attenzione il consigliere Simionato, è passata in secondo piano quando in realtà è di primaria importanza, perché per poter far iniziare alla ditta i lavori di costruzione dei condomini e parallelamente far continuare (in sicurezza) le attività sportive, l'unico posto in cui si può costruire è proprio a cavallo tra l'area verde, il parcheggio su via Aldo Moro e il campetto. Negare questo (come per un po' è stato fatto, finché il vice sindaco, messo alle strette – e secondo me non visto da tutti – ha sorriso allargando le braccia, in un'espressione che io ho interpretato così: "Simionato, queo xe el spassio! De sicuro no sarò mi a dirte che e robe ndarà cussì...") significa negare le motivazioni che hanno portato all'ampliamento dell'area alienabile effettuato nel 2008. Senza contare il fatto che anche se i metri quadri di verde, in un modo o nell'altro, resteranno invariati, una cosa è certa: non saranno più di dominio pubblico ma ad uso esclusivo dei condomini.
Un'altra domanda a cui non è stata data risposta è quella avanzata dal consigliere Bozzetti, il quale ha chiesto come mai l'amministrazione, invece di intervenire sull'area del palazzetto, non ha pensato di avviare un progetto (magari complementare, non per forza sostitutivo delle strutture esistenti, e magari – aggiungo io – pensando non solo allo sport...) su un terreno già di proprietà del comune, localizzato all'incrocio tra la nuova Via Primo Maggio e la "via del nuovo sotto-passo", in pratica di fronte al Bosco delle Crete (scheda C4.14 del P.R.G. - Zona gialla dell'immagine allegata). La domanda di Bozzetti ha richiamato subito la mia attenzione perché è da un po' di tempo che sostengo che tutta quella zona (non solo la C4.14 ma anche l'area agricola – scheda E2 – che corre lungo via Primo Maggio, fronteggiando il neo-nascente insediamento artigianale (zona rosa immagine allegata), nonché l'ampia zona di rispetto della ferrovia e del canale Carmason) sarebbe perfetta per ricavare degli spazi pubblici (sportivi, ricreativi, culturali) immersi nel verde.
Una soluzione del genere comporterebbe diversi vantaggi:
1) creerebbe un ottimo cuscinetto verde tra la zona residenziale e la zona artigianale di Via Pascoli
2) sarebbe comoda e sicura da raggiungere per tutti gli abitanti del capoluogo, ma anche da chi vive in zona Crete e in zona Viale della Resistenza (anche più dell'attuale palazzetto, dopo la recente chiusura del passaggio a livello)
3) sarebbe perfettamente servita dal nuovo parcheggio delle ferrovie, nonché comoda all'uscita di tangenziale e passante
4) compenserebbe il deficit di standard a verde e a servizi pubblici che si è creato in tutta la zona a sud di via Gramsci
La questione è spinosa, perché si tratterebbe di andare contro tendenza, convertendo ad area standard (Sb o Sc) un'area molto probabilmente già destinata a insediamento residenziale (come è succede di regola altre C4 identificabili nel P.R.G., compresa la C4.24 su cui sorge il palazzetto...) ma comunque identificata come "Soggetta a strumento attuativo e a Scheda di progetto".
E qui mi aggancio a due interventi che mi sono piaciuti molto, perché invece di tirare in ballo un futuro fumoso, fatto di olimpiadi e opere faraoniche, hanno riportato indietro negli anni chi – perché troppo giovane o perché all'epoca ancora non residente a Quarto – certe cose non può saperle.
Mi riferisco all'intervento di Mauro Marcassa (sindaco all'epoca della costruzione del palazzetto) e del signor Miola (papà di un mio compagno delle medie, ma questo non importa...).
Mauro Marcassa ha spiegato che l'intera area "giardinetti + palazzetto" fu identificata come area standard a cavallo tra anni '70 e '80 per compensare la forte carenza di aree standard nella zona a ovest della ferrovia. La precedente amministrazione, che aveva comprato quella terra, l'aveva infatti destinata interamente a zona residenziale (villette e bifamiliari, come ha spiegato il signor Miola, ricordando un cartellone "pubblicitario" che il comune aveva affisso in quel periodo nella piazza del paese). Insomma: all'epoca ci fu la volontà politica di cambiare rotta, in un periodo in cui la speculazione aveva ripreso a galoppare. Cosa che a quanto pare l'attuale amministrazione non è disposta a fare.
Marcassa ha poi continuato dando dei dati tecnici sulla costruzione del palazzetto. Prima di tutto doveva essere una struttura scoperta, come la coeva pista da pattinaggio (oggi campetto) adiacente. Poi, siccome in quel periodo il basket femminile (il mitico Agos) era andato in serie A2, pensarono di fare una struttura coperta. Insomma: nei primi anni '80 poteva apparire sicuramente come una struttura sovradimensionata per le dimensioni del paese. E se non ricordo male, chiusa la stagione d'oro del basket femminile, per un buon periodo il palazzetto risultò addirittura sottoutilizzato, nonostante in quegli anni la popolazione giovanile (che è poi quella che da sempre usa di più gli impianti sportivi) fosse ben più numerosa di adesso: nel 1982 su 5.404 abitanti i giovani tra gli 8 e i 25 anni erano 1.592, a inizio 2009 su circa 8000 abitanti i giovani della stessa età sono scesi a 1.275! Certo: all'epoca oltre al calcio non c'era molto, a differenza di adesso, ma da qui a dire che Quarto ha assolutamente bisogno di strutture più grandi, ce ne vuole.
Marcassa ha concluso il suo intervento fornendo dati precisi sui materiali di costruzione usati all'epoca, sulle garanzie di durata di tetto e pavimento (rivelatesi superiori alle previsioni), stupendosi lui stesso di come la struttura abbia reagito così bene a quasi 30 anni di utilizzo. I circa 130 mila euro spesi in questi ultimi anni per rifare il pavimento, il tetto, per adeguare le uscite di sicurezza, per rifare l'impianto idraulico non significano che il palazzetto è vecchio e decrepito, ma che aveva bisogno di essere restaurato, come una qualsiasi casa dopo 20/30 anni. Un'operazione di "riciclo", quindi, in totale sintonia con le tendenze ecologiste degli ultimi anni, sposate anche dalla nostra amministrazione.
Ma mettiamo pure il caso che il palazzetto risultasse inadeguato, anche a fronte di ulteriori modifiche, ad ospitare attività sportive: perché invece di buttarlo giù non si pensa di recuperarlo – che ne so – come centro culturale con teatro/auditorium e biblioteca (che a mio avviso starebbero molto meglio lì, vicino alle scuole, che non davanti al municipio, come si usava nei secoli scorsi: ma su questo tornerò con più calma)?
Insomma, a volerlo, alternative realmente più utili al benessere del paese (di questo paese) ce ne sarebbero. Poi si sa: il popolo delega col proprio voto alcune persone, legittimandole a scegliere per tutti etc. etc. Sì, lo sappiamo tutti. Però...
Vi racconto subito com'è andata a finire: per un voto di scarto le cose resteranno come sono. 8 contrari alla petizione, 7 favorevoli, uno (il consigliere di maggioranza Grosso) astenuto.
Già qui c'è da aprire una parentesi vergognosa. All'inizio della seduta mancavano all'appello solo due consiglieri, entrambi di maggioranza: l'assessore Canonaco e il consigliere Calzavara. Cose che capitano, a novembre, in piena stagione influenzale. A meno di mezz'ora dalla fine, ovvero quando ormai la discussione si era conclusa, dando modo (in teoria) a ogni consigliere di farsi la propria idea, in piena coscienza, su come votare, fa la sua comparsa in sala l'assessore Canonaco – come dire: l'ago della bilancia. Il segretario comunale ribatte a chi obietta la correttezza di questo gesto dicendo che è tutto in regola, che la consigliera può votare, anche se non ha seguito la seduta, anche se non ha sentito le opinioni della cittadinanza. Nell'aria aleggia – oltre che lo spettro di un possibile contagio di massa, visto il numero di persone e la scarsità d'aria nella sala – un pensiero comune: "Bella prova di democrazia!". (Per inciso: dopo due giorni io ero a letto con 38 di febbre, nausea e... mi fermo qua).
Sorvolo sulle pieghe "manesche" che ha preso la questione a fine seduta. Più interessante riportare le motivazioni della maggioranza rispetto alle proprie scelte (cito parafrasando e riassumendo gli interventi, a partire da quello iniziale dell'assessore Bianchini, passando per le varie dichiarazioni del sindaco Marcassa):
Noi non abbiamo nessuna intenzione, entro la fine del nostro mandato, né di vendere l'area del palazzetto né tanto meno di buttarlo giù, per il semplice motivo che non abbiamo i tempi tecnici per portare avanti un progetto nel quale però crediamo, ovvero: comprare un terreno periferico (chiuso tra viale della Resistenza, via Colombera, e il canale Carmason) e lì costruire degli impianti sportivi nuovi e più grandi. Un progetto dunque che non spetterà a noi portare avanti, ma a chi verrà dopo di noi. Consci però delle difficoltà in cui versano (e verseranno in futuro) le casse del comune, già nel 2003 abbiamo pensato di agevolare i nostri successori togliendo per tempo i "sigilli" a un'area di proprietà comunale di pregio, dalla vendita della quale la futura amministrazione potrà – se lo vorrà – ricavare i soldi necessari alla realizzazione dei nuovi impianti: l'area del palazzetto (edificio + parcheggio). Per evitare discontinuità alle attività sportive, e per dare quindi possibilità all'impresa che in quell'area andrà a costruire di iniziare i lavori anche prima che siano pronti i nuovi impianti, abbiamo successivamente pensato (2008) di allargare l'area alienabile al campetto polifunzionale, all'area verde retrostante il palazzetto e al parcheggio su via Aldo Moro. Nonostante questo, i metri (quadri e cubi) edificabili rimarranno inalterati rispetto al 2003: quindi, il verde non verrà toccato né tanto meno il campetto. C'è da aggiungere che con la candidatura di Venezia alla prossime Olimpiadi, e la sua eventuale vincita, può essere che Quarto rientri per le sua posizione strategica nelle aree beneficiate dagli interventi pubblici: se così fosse non ci sarebbe nemmeno bisogno di toccarlo, il palazzetto, perché i soldi li metterebbero gli altri.
Insomma: avessero il tempo per farlo (certo: a meno che Venezia non vinca la candidatura alle Olimpiadi...) loro venderebbero l'area del palazzetto (tutta, compreso verde, campetto, parcheggio) a un privato, che lì costruirebbe condomini da 3 o 4 piani fuori terra per un totale di 38 / 50 appartamenti. Con i soldi che il comune incasserebbe dall'operazione, acquisterebbero il terreno in via Colombera e ci costruirebbero (sempre che i soldi bastino) delle strutture nuove, moderne, più grandi (anche se ancora non si sa bene cosa esattamente). Il tempo però non c'è, quindi si limitano a fare questo lavoro – sporco e impopolare, come stiamo vedendo – preparatorio per chi verrà dopo di loro. Il quale – immagino io – se sarà un loro prolungamento politico, in campagna elettorale avrà in mano una doppia arma: da un lato il palazzetto ancora in piedi (prova che loro le promesse le mantengono), dall'altro la promessa di realizzare in tempi brevi (se eletti) la "cittadella dello sport" (prova della loro capacità manageriale). Difficile quindi, per un eventuale avversario politico, competere con chi in campagna elettorale potrà promettere il progresso – anche a costo di un pezzo sano del paese – e per di più con le carte in regola per mostrarsi "senza macchia".
Ma nel tra le righe delle posizioni della maggioranza c'è dell'altro, su cui qualcuno ha cercato di soffermarsi, però con scarsi risultati, anche a causa del "disordine" che un consiglio comunale aperto purtroppo comporta. Se si fosse discusso della questione prima in un incontro pubblico, poi in un consiglio comunale non aperto (se non ai promotori della petizione, e con un'altrettanto forte partecipazione) certe cose forse si sarebbero notate di più.
Ad esempio la questione dell'area verde e del campetto. Da come l'ha spiegato l'assessore Bianchini, sembrerebbe che nessuno voglia toccarli. Ma questo cosa significa? Che resteranno esattamente dove sono ora, come chiedono i firmatari? Specialmente l'area verde, che ora costituisce un prolungamento ideale dei "giardinetti" (o "parco", come va di moda chiamarlo adesso): resterà lì dov'è o verrà ridistribuita all'interno del lotto? La questione, su cui ha cercato di portare più volte l'attenzione il consigliere Simionato, è passata in secondo piano quando in realtà è di primaria importanza, perché per poter far iniziare alla ditta i lavori di costruzione dei condomini e parallelamente far continuare (in sicurezza) le attività sportive, l'unico posto in cui si può costruire è proprio a cavallo tra l'area verde, il parcheggio su via Aldo Moro e il campetto. Negare questo (come per un po' è stato fatto, finché il vice sindaco, messo alle strette – e secondo me non visto da tutti – ha sorriso allargando le braccia, in un'espressione che io ho interpretato così: "Simionato, queo xe el spassio! De sicuro no sarò mi a dirte che e robe ndarà cussì...") significa negare le motivazioni che hanno portato all'ampliamento dell'area alienabile effettuato nel 2008. Senza contare il fatto che anche se i metri quadri di verde, in un modo o nell'altro, resteranno invariati, una cosa è certa: non saranno più di dominio pubblico ma ad uso esclusivo dei condomini.
Un'altra domanda a cui non è stata data risposta è quella avanzata dal consigliere Bozzetti, il quale ha chiesto come mai l'amministrazione, invece di intervenire sull'area del palazzetto, non ha pensato di avviare un progetto (magari complementare, non per forza sostitutivo delle strutture esistenti, e magari – aggiungo io – pensando non solo allo sport...) su un terreno già di proprietà del comune, localizzato all'incrocio tra la nuova Via Primo Maggio e la "via del nuovo sotto-passo", in pratica di fronte al Bosco delle Crete (scheda C4.14 del P.R.G. - Zona gialla dell'immagine allegata). La domanda di Bozzetti ha richiamato subito la mia attenzione perché è da un po' di tempo che sostengo che tutta quella zona (non solo la C4.14 ma anche l'area agricola – scheda E2 – che corre lungo via Primo Maggio, fronteggiando il neo-nascente insediamento artigianale (zona rosa immagine allegata), nonché l'ampia zona di rispetto della ferrovia e del canale Carmason) sarebbe perfetta per ricavare degli spazi pubblici (sportivi, ricreativi, culturali) immersi nel verde.
Una soluzione del genere comporterebbe diversi vantaggi:
1) creerebbe un ottimo cuscinetto verde tra la zona residenziale e la zona artigianale di Via Pascoli
2) sarebbe comoda e sicura da raggiungere per tutti gli abitanti del capoluogo, ma anche da chi vive in zona Crete e in zona Viale della Resistenza (anche più dell'attuale palazzetto, dopo la recente chiusura del passaggio a livello)
3) sarebbe perfettamente servita dal nuovo parcheggio delle ferrovie, nonché comoda all'uscita di tangenziale e passante
4) compenserebbe il deficit di standard a verde e a servizi pubblici che si è creato in tutta la zona a sud di via Gramsci
La questione è spinosa, perché si tratterebbe di andare contro tendenza, convertendo ad area standard (Sb o Sc) un'area molto probabilmente già destinata a insediamento residenziale (come è succede di regola altre C4 identificabili nel P.R.G., compresa la C4.24 su cui sorge il palazzetto...) ma comunque identificata come "Soggetta a strumento attuativo e a Scheda di progetto".
E qui mi aggancio a due interventi che mi sono piaciuti molto, perché invece di tirare in ballo un futuro fumoso, fatto di olimpiadi e opere faraoniche, hanno riportato indietro negli anni chi – perché troppo giovane o perché all'epoca ancora non residente a Quarto – certe cose non può saperle.
Mi riferisco all'intervento di Mauro Marcassa (sindaco all'epoca della costruzione del palazzetto) e del signor Miola (papà di un mio compagno delle medie, ma questo non importa...).
Mauro Marcassa ha spiegato che l'intera area "giardinetti + palazzetto" fu identificata come area standard a cavallo tra anni '70 e '80 per compensare la forte carenza di aree standard nella zona a ovest della ferrovia. La precedente amministrazione, che aveva comprato quella terra, l'aveva infatti destinata interamente a zona residenziale (villette e bifamiliari, come ha spiegato il signor Miola, ricordando un cartellone "pubblicitario" che il comune aveva affisso in quel periodo nella piazza del paese). Insomma: all'epoca ci fu la volontà politica di cambiare rotta, in un periodo in cui la speculazione aveva ripreso a galoppare. Cosa che a quanto pare l'attuale amministrazione non è disposta a fare.
Marcassa ha poi continuato dando dei dati tecnici sulla costruzione del palazzetto. Prima di tutto doveva essere una struttura scoperta, come la coeva pista da pattinaggio (oggi campetto) adiacente. Poi, siccome in quel periodo il basket femminile (il mitico Agos) era andato in serie A2, pensarono di fare una struttura coperta. Insomma: nei primi anni '80 poteva apparire sicuramente come una struttura sovradimensionata per le dimensioni del paese. E se non ricordo male, chiusa la stagione d'oro del basket femminile, per un buon periodo il palazzetto risultò addirittura sottoutilizzato, nonostante in quegli anni la popolazione giovanile (che è poi quella che da sempre usa di più gli impianti sportivi) fosse ben più numerosa di adesso: nel 1982 su 5.404 abitanti i giovani tra gli 8 e i 25 anni erano 1.592, a inizio 2009 su circa 8000 abitanti i giovani della stessa età sono scesi a 1.275! Certo: all'epoca oltre al calcio non c'era molto, a differenza di adesso, ma da qui a dire che Quarto ha assolutamente bisogno di strutture più grandi, ce ne vuole.
La costruzione del palazzetto in una foto di Piero Calza – 1980 circa.
(Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
(Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
Marcassa ha concluso il suo intervento fornendo dati precisi sui materiali di costruzione usati all'epoca, sulle garanzie di durata di tetto e pavimento (rivelatesi superiori alle previsioni), stupendosi lui stesso di come la struttura abbia reagito così bene a quasi 30 anni di utilizzo. I circa 130 mila euro spesi in questi ultimi anni per rifare il pavimento, il tetto, per adeguare le uscite di sicurezza, per rifare l'impianto idraulico non significano che il palazzetto è vecchio e decrepito, ma che aveva bisogno di essere restaurato, come una qualsiasi casa dopo 20/30 anni. Un'operazione di "riciclo", quindi, in totale sintonia con le tendenze ecologiste degli ultimi anni, sposate anche dalla nostra amministrazione.
Ma mettiamo pure il caso che il palazzetto risultasse inadeguato, anche a fronte di ulteriori modifiche, ad ospitare attività sportive: perché invece di buttarlo giù non si pensa di recuperarlo – che ne so – come centro culturale con teatro/auditorium e biblioteca (che a mio avviso starebbero molto meglio lì, vicino alle scuole, che non davanti al municipio, come si usava nei secoli scorsi: ma su questo tornerò con più calma)?
Insomma, a volerlo, alternative realmente più utili al benessere del paese (di questo paese) ce ne sarebbero. Poi si sa: il popolo delega col proprio voto alcune persone, legittimandole a scegliere per tutti etc. etc. Sì, lo sappiamo tutti. Però...
lunedì 9 novembre 2009
Palazzetto 4: La lettera
Negli ultimi giorni alcuni firmatari dell'ormai strafamosa petizione contro l'inserimento del palazzetto dello sport tra i beni alienabili del comune etc. etc. hanno ricevuto una lettera dal Comune di Quarto d'Altino nella quale il sindaco Loredano Marcassa spiega «brevemente il suo punto di vista» sulla questione, confermando che il consiglio «che ho richiesto» si terrà lunedì 9 novembre 2009 (cioè questa sera) alle 20 presso il Centro Servizi (appuntamento al quale sicuramente non mancherò).
Dato che a quanto pare non tutti i firmatari l'hanno ricevuta (è arrivata qua e là, quasi a caso), la metto agli atti pubblicandola nel blog.
(per ingrandire l'immagine basta cliccarci sopra).
Dato che a quanto pare non tutti i firmatari l'hanno ricevuta (è arrivata qua e là, quasi a caso), la metto agli atti pubblicandola nel blog.
(per ingrandire l'immagine basta cliccarci sopra).
sabato 7 novembre 2009
Questione di soldi
Torno brevemente sui temi del post precedente a questo per fare una precisazione d'obbligo.
Chi ha scelto di andarsene da Quarto per approdare nei paesi limitrofi l'ha fatto non solo per una questione di vivibilità etc., bensì pure per una questione economica.
C'è stato un periodo infatti in cui, con gli stessi soldi, se a Quarto ti compravi un appartamento (e neanche tanto grande) a Casale, Musestre o San Cipriano ti compravi una porzione di schiera. Allo stesso modo, a parità di metratura, anni, finiture etc. un appartamento a Quarto costava molto di più che nei paesi limitrofi.
Va da sé che in quel periodo un altinate che voleva (o doveva) risparmiare sull'acquisto della casa, di certo non sceglieva di restare a Quarto.
E se molte di queste persone si sono trovate costrette (per mancanza di budget) a fare questa scelta, finendo spesso per abitare in un appartamento a Pozzetto di Roncade o a Sant'Elena di Casale sul Sile, altre ne hanno approfittato per vendere l'appartamento (magari neanche tanto nuovo) e farsi, con gli stessi soldi (o poco più), la casa altrove (ma in un "altrove" a portata di mano).
Qualcuno potrebbe dire che questi ultimi hanno opportunisticamente cavalcato l'onda del mercato immobiliare "squilibrato": ma ci son stati anni in cui comprare un pezzo di schiera o di binata a Quarto era impossibile, e questo perché se ne costruivano talmente poche (a vantaggio di complessi di appartamenti, spesso mini) che se qualcuno ne restava aveva un prezzo inavvicinabile.
In ogni caso c'è chi ha approfittato della situazione. Sicché l'impressione è quella che Quarto (come tanti piccoli paesi italiani) abbia costituito in quest'ultimo decennio e oltre una sorta di laboratorio della speculazione edilizia nel quale sono stati coinvolti non solo gli impresari edili – grossi (quelli di operazione tipo "Quarto borgo", o la Marina di Portegrandi, o l'ex area Zanchetin, per citare i casi più clamorosi) e piccoli (quelli dei quartieri-casbah come la zona fra Viale della Resistenza, Via Puccini, Viale Toscanini e il canale Carmason, o dei condomini-Fenice, risorti sulle ceneri di case unifamiliari) – ma anche i singoli cittadini, proprietari di un appartamento acquistato a poche decine di milioni negli anni '80 e rivenduto a più di 100 mila euro nei primi anni del 2000.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti, specie in questo periodo di "crisi" (presunta o reale, comunque generale): super-complessi condominiali mezzi vuoti, negozi invenduti. E si sa che dove la vita di tutti i giorni non arriva, arriva il degrado, sia urbano che sociale.
Chi ha scelto di andarsene da Quarto per approdare nei paesi limitrofi l'ha fatto non solo per una questione di vivibilità etc., bensì pure per una questione economica.
C'è stato un periodo infatti in cui, con gli stessi soldi, se a Quarto ti compravi un appartamento (e neanche tanto grande) a Casale, Musestre o San Cipriano ti compravi una porzione di schiera. Allo stesso modo, a parità di metratura, anni, finiture etc. un appartamento a Quarto costava molto di più che nei paesi limitrofi.
Va da sé che in quel periodo un altinate che voleva (o doveva) risparmiare sull'acquisto della casa, di certo non sceglieva di restare a Quarto.
E se molte di queste persone si sono trovate costrette (per mancanza di budget) a fare questa scelta, finendo spesso per abitare in un appartamento a Pozzetto di Roncade o a Sant'Elena di Casale sul Sile, altre ne hanno approfittato per vendere l'appartamento (magari neanche tanto nuovo) e farsi, con gli stessi soldi (o poco più), la casa altrove (ma in un "altrove" a portata di mano).
Qualcuno potrebbe dire che questi ultimi hanno opportunisticamente cavalcato l'onda del mercato immobiliare "squilibrato": ma ci son stati anni in cui comprare un pezzo di schiera o di binata a Quarto era impossibile, e questo perché se ne costruivano talmente poche (a vantaggio di complessi di appartamenti, spesso mini) che se qualcuno ne restava aveva un prezzo inavvicinabile.
In ogni caso c'è chi ha approfittato della situazione. Sicché l'impressione è quella che Quarto (come tanti piccoli paesi italiani) abbia costituito in quest'ultimo decennio e oltre una sorta di laboratorio della speculazione edilizia nel quale sono stati coinvolti non solo gli impresari edili – grossi (quelli di operazione tipo "Quarto borgo", o la Marina di Portegrandi, o l'ex area Zanchetin, per citare i casi più clamorosi) e piccoli (quelli dei quartieri-casbah come la zona fra Viale della Resistenza, Via Puccini, Viale Toscanini e il canale Carmason, o dei condomini-Fenice, risorti sulle ceneri di case unifamiliari) – ma anche i singoli cittadini, proprietari di un appartamento acquistato a poche decine di milioni negli anni '80 e rivenduto a più di 100 mila euro nei primi anni del 2000.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti, specie in questo periodo di "crisi" (presunta o reale, comunque generale): super-complessi condominiali mezzi vuoti, negozi invenduti. E si sa che dove la vita di tutti i giorni non arriva, arriva il degrado, sia urbano che sociale.
sabato 31 ottobre 2009
Ogni promessa è un debito
Lunedì 9 novembre 2009, alle ore 20, presso il Centro Servizi, si terrà finalmente un consiglio comunale aperto dedicato all'"affaire palazzetto".
L'idea è stata lanciata (sebbene con più di due mesi di ritardo dalla richiesta fatta con la famosa petizione agostana) dal Sindaco alla fine del consiglio comunale di giovedì sera scorso (29 ottobre). In realtà con la richiesta di un consiglio comunale aperto si chiudeva proprio la famosa petizione, che veniva presentata come mozione dal consigliere Simionato. Ad ogni modo, dopo una serie di tira e molla, di incomprensioni, di alzate di voce, la richiesta è stata messa positivamente ai voti.
Ma la promessa alla quale mi riferisco nel titolo non è questa, ma un'altra. Ho infatti pensato, in attesa di poter tornare con più dati sulla questione palazzetto, di mantener fede a quanto promesso il 28 agosto scorso alla fine del mio intervento sull'altro "casus belli" estivo: la chiusura del ponte sul Sile.
In quell'occasione sostenevo che a mio avviso l'aumento del traffico automobilistico da Casale e – specialmente – Roncade verso Quarto d'Altino, causa da un lato delle presunte lesioni al ponte dall'altro di più generici problemi di viabilità del paese, andava messo in relazione anche alla sostanziale differenza di aumento della popolazione riscontrabile negli ultimi dieci anni tra il nostro comune e quello dei due comuni limitrofi citati.
La conclusione alla quale arrivavo era questa: negli ultimi dieci anni molti altinati (autoctoni o oriundi, ovvero arrivati qui negli anni '80 "dalla città"), hanno deciso di andarsene da Quarto, ma non così distante da non permetter loro di tornarci quotidianamente: perché qui ci lavorano, perché qui prendono il treno (per andare a lavorare o a studiare), perché qui risiede la famiglia di origine (alla quale spesso si ricorre per la custodia dei bambini piccoli), perché qui i figli frequentano la scuola o le attività ricreative (sport, musica, etc.), perché qui si hanno le vecchie amicizie.
La mia promessa era quella di portare dei dati a supporto della mia tesi. Più semplicemente di quanto non pensassi, è bastato andare nel sito dell'Istat e interrogare le varie banche dati lì presenti.
Ricerche specifiche sul "saldo migratorio" (locale ed estero, cioè da comune italiano a comune italiano e da comune estero a comune italiano) si possono effettuare purtroppo solo a partire dal 1991, ma il fatto è di scarsa rilevanza ai fini del mio ragionamento. Basterà qui ricordare che una ricostruzione dell'Istat (quindi non precisissima) dell'andamento demografico nel decennio 1982-1991 rivela che la crescita di Quarto è stata in quel periodo del 13%, passando in modo molto graduale (al massimo +2% annuo) da 5404 abitanti nel 1982 a 6116 nel 1991. Una percentuale molto simile a quelle dei decenni successivi (16% tra 1991 e 2001, 10% nel decennio ancora in corso).
Lasciamo però parlare i dati...
(Per visualizzare meglio la tabella, cliccateci sopra.)
Se confrontato con il saldo migratorio di paesi come Casale sul Sile e Roncade, quello di Quarto è ridicolo (quando non è addirittura controcorrente, ovvero negativo), nonostante negli ultimi 5 anni a dar man forte ai nuovi iscritti da comuni italiani sono arrivati numerosi nuovi iscritti dall'estero (extracomunitari o no), il cui saldo migratorio è stato positivo anche quando quello locale era negativo (ad es. dal 2004 al 2006).
Qualcuno dirà: basta questo a confermare la tua tesi? Forse no, ma è sufficiente fare un veloce sondaggio in paese per rendersene conto in modo definitivo...
L'idea è stata lanciata (sebbene con più di due mesi di ritardo dalla richiesta fatta con la famosa petizione agostana) dal Sindaco alla fine del consiglio comunale di giovedì sera scorso (29 ottobre). In realtà con la richiesta di un consiglio comunale aperto si chiudeva proprio la famosa petizione, che veniva presentata come mozione dal consigliere Simionato. Ad ogni modo, dopo una serie di tira e molla, di incomprensioni, di alzate di voce, la richiesta è stata messa positivamente ai voti.
Ma la promessa alla quale mi riferisco nel titolo non è questa, ma un'altra. Ho infatti pensato, in attesa di poter tornare con più dati sulla questione palazzetto, di mantener fede a quanto promesso il 28 agosto scorso alla fine del mio intervento sull'altro "casus belli" estivo: la chiusura del ponte sul Sile.
In quell'occasione sostenevo che a mio avviso l'aumento del traffico automobilistico da Casale e – specialmente – Roncade verso Quarto d'Altino, causa da un lato delle presunte lesioni al ponte dall'altro di più generici problemi di viabilità del paese, andava messo in relazione anche alla sostanziale differenza di aumento della popolazione riscontrabile negli ultimi dieci anni tra il nostro comune e quello dei due comuni limitrofi citati.
La conclusione alla quale arrivavo era questa: negli ultimi dieci anni molti altinati (autoctoni o oriundi, ovvero arrivati qui negli anni '80 "dalla città"), hanno deciso di andarsene da Quarto, ma non così distante da non permetter loro di tornarci quotidianamente: perché qui ci lavorano, perché qui prendono il treno (per andare a lavorare o a studiare), perché qui risiede la famiglia di origine (alla quale spesso si ricorre per la custodia dei bambini piccoli), perché qui i figli frequentano la scuola o le attività ricreative (sport, musica, etc.), perché qui si hanno le vecchie amicizie.
La mia promessa era quella di portare dei dati a supporto della mia tesi. Più semplicemente di quanto non pensassi, è bastato andare nel sito dell'Istat e interrogare le varie banche dati lì presenti.
Ricerche specifiche sul "saldo migratorio" (locale ed estero, cioè da comune italiano a comune italiano e da comune estero a comune italiano) si possono effettuare purtroppo solo a partire dal 1991, ma il fatto è di scarsa rilevanza ai fini del mio ragionamento. Basterà qui ricordare che una ricostruzione dell'Istat (quindi non precisissima) dell'andamento demografico nel decennio 1982-1991 rivela che la crescita di Quarto è stata in quel periodo del 13%, passando in modo molto graduale (al massimo +2% annuo) da 5404 abitanti nel 1982 a 6116 nel 1991. Una percentuale molto simile a quelle dei decenni successivi (16% tra 1991 e 2001, 10% nel decennio ancora in corso).
Lasciamo però parlare i dati...
(Per visualizzare meglio la tabella, cliccateci sopra.)
Se confrontato con il saldo migratorio di paesi come Casale sul Sile e Roncade, quello di Quarto è ridicolo (quando non è addirittura controcorrente, ovvero negativo), nonostante negli ultimi 5 anni a dar man forte ai nuovi iscritti da comuni italiani sono arrivati numerosi nuovi iscritti dall'estero (extracomunitari o no), il cui saldo migratorio è stato positivo anche quando quello locale era negativo (ad es. dal 2004 al 2006).
Qualcuno dirà: basta questo a confermare la tua tesi? Forse no, ma è sufficiente fare un veloce sondaggio in paese per rendersene conto in modo definitivo...
domenica 13 settembre 2009
Palazzetto 3: «Gentile Sindaco...»
Gentile Sindaco,
girano voci che il mio nome sia stato "estrapolato" dalla recente petizione relativa alla "questione Palazzetto", e messo assieme ad altri nomi in una specie di "black list".
Onde evitare semplicistiche/opportunistiche generalizzazioni, la invito a leggere gli interventi sulla su citata "questione" che ho recentemente pubblicato sul mio blog:
http://alsuq.blogspot.com/2009/08/palazzetto-io-ho-firmato-ma.html
http://alsuq.blogspot.com/2009/08/palazzetto-2-non-ci-sto.html
http://alsuq.blogspot.com/2009/09/palazzetto-2bis-lopinione-di-marco.html
Inoltre, la invito a leggere l'intervento più corposo sull'altra questione legata agli spazi per il tempo libero a Quarto: la nuova "Sede per le associazioni".
http://alsuq.blogspot.com/2009/08/prova.html
La ringrazio per l'attenzione e cordialmente la saluto.
Mirko Visentin
[Lettera inviata via e-mail al Sindaco di Quarto d'Altino il giorno 13 settembre 2009 alle ore 19.30]
girano voci che il mio nome sia stato "estrapolato" dalla recente petizione relativa alla "questione Palazzetto", e messo assieme ad altri nomi in una specie di "black list".
Onde evitare semplicistiche/opportunistiche generalizzazioni, la invito a leggere gli interventi sulla su citata "questione" che ho recentemente pubblicato sul mio blog:
http://alsuq.blogspot.com/2009/08/palazzetto-io-ho-firmato-ma.html
http://alsuq.blogspot.com/2009/08/palazzetto-2-non-ci-sto.html
http://alsuq.blogspot.com/2009/09/palazzetto-2bis-lopinione-di-marco.html
Inoltre, la invito a leggere l'intervento più corposo sull'altra questione legata agli spazi per il tempo libero a Quarto: la nuova "Sede per le associazioni".
http://alsuq.blogspot.com/2009/08/prova.html
La ringrazio per l'attenzione e cordialmente la saluto.
Mirko Visentin
[Lettera inviata via e-mail al Sindaco di Quarto d'Altino il giorno 13 settembre 2009 alle ore 19.30]
domenica 6 settembre 2009
Palazzetto 2bis: l'opinione di Marco Simionato
A quanto pare non sono stato l'unico a storcere il naso di fronte all'ultimo numero di Rossa Idea. Lo conferma Marco Simionato, consigliere comunale della lista civica Unione Altinate, il quale dopo aver tentato invano di lasciare un commento al mio post «Palazzetto 2: "Non ci sto!"» (commento bloccato perché superava il numero di caratteri massimi consentiti) mi ha scritto un'e-mail.
Non potendo pubblicare per intero l'intervento (per non creare uno scomodo precedente, dato che è mia intenzione dare spazio a chiunque voglia intervenire nel dibattito mediante gli appositi commenti, senza limiti né censure), mi limiterò qui a riassumere la lunga lettera di Marco, rimandando chi volesse leggerla per intero a questo link.
Dopo una premessa nella quale Marco spiega la sua attuale posizione "politica" (e il ruolo che Rifondazione Comunista ha avuto all'interno della lista civica con la quale nel 2005 si è presentato alle elezioni comunali come candidato sindaco) e dopo aver spiegato come è nato e come è stato portato avanti il progetto della petizione relativa al Palazzetto (petizione che conferma essere stata "civica e indipendente"), entra nel cuore della questione.
Per praticità cito il passo:
Spero anch'io, con Marco, che la redazione di Rossa Idea dia le sue spiegazioni. Personalmente, pur non dibutando della buona fede di Marco (che conosco da una vita e di cui ammiro l'onestà e riconosco lo sforzo che da anni sta mettendo nella sua attività politica, pur non condividendo sempre le sue posizioni) resto dell'idea che dietro a questa presunta "leggerezza grammaticale" («abbiamo raccolto» invece di «sono state raccolte») e a questa uscita "fuori tempo" (a giochi fatti invece che prima della raccolta delle firme) ci sia anche qui la politica del "provémoghe", la quale può essere fatta anche da persone intelligenti, le quali però sperano che "fuori" non ce ne siano altre pronte a coglierle in fallo.
Ad ogni modo credo che questa vicenda – sia essa un tentativo di strumentalizzazione oppure un «errore madornale» – insegni una cosa sola, e cioè: se "civico" non è anche "indipendente" (da partiti e corporazioni) fino in fondo, il pericolo di fraintendimenti è dietro l'angolo. Se poi qualcuno mi dice che a essere indipendenti c'è il rischio che nessuno ti ascolti – in Provincia, in Regione, a Roma... – io rispondo che in Italia di paesi con poche migliai di abitanti dove il concetto di politica "civica e indipendente" può esprimersi al meglio ce ne sono a sufficienza per far aprire le orecchie anche ai sordi.
Non potendo pubblicare per intero l'intervento (per non creare uno scomodo precedente, dato che è mia intenzione dare spazio a chiunque voglia intervenire nel dibattito mediante gli appositi commenti, senza limiti né censure), mi limiterò qui a riassumere la lunga lettera di Marco, rimandando chi volesse leggerla per intero a questo link.
Dopo una premessa nella quale Marco spiega la sua attuale posizione "politica" (e il ruolo che Rifondazione Comunista ha avuto all'interno della lista civica con la quale nel 2005 si è presentato alle elezioni comunali come candidato sindaco) e dopo aver spiegato come è nato e come è stato portato avanti il progetto della petizione relativa al Palazzetto (petizione che conferma essere stata "civica e indipendente"), entra nel cuore della questione.
Per praticità cito il passo:
Ma se è così, allora perché su Rossa Idea la petizione viene dipinta come un iniziativa di Rifondazione? È una domanda che mi sono fatto anch’io, e alla quale non ho una risposta precisa, non avendo partecipato alla realizzazione del giornale. Una leggerezza? Una rilettura troppo approssimativa? Una svista dovuta alla fretta di uscire con il giornale? Oppure, come ipotizzi tu stesso, un tentativo di strumentalizzazione per guadagnare un po’ del terreno perduto? Le persone che hanno visto il giornale e che hanno parlato con me, hanno tratto le tue stesse conclusioni e propendono per quest’ultima ipotesi. Io voglio riservarmi il beneficio del dubbio. Sono uscito da Rifondazione un anno e mezzo fa; ho lavorato per anni fianco a fianco con le persone che hanno scritto Rossa Idea. Sono persone intelligenti, che sanno dare il giusto peso alle parole e che fanno politica da parecchi anni. La battaglia intrapresa per la salvaguardia del palazzetto, dell’area verde e del campo polivalente, beni comuni della cittadinanza, è un espressione di partecipazione dal basso e protagonismo sociale della società civile altinate; credo che i compagni di Rifondazione siano ben coscienti del fatto che attribuirsi un ruolo inesistente di forza egemone nell’ambito di un movimento variegato ed esteso come questo, sia il modo migliore per perdere consensi e non per guadagnarli. I consensi, al contrario, si guadagnano lavorando con quel metodo descritto all’inizio dell’intervento e tanto apprezzato dai cittadini che ha portato alla costruzione della lista Unione Altinate. Per questo penso che quel “ABBIAMO RACCOLTO …” sia un errore madornale, ma che non ci sia la reale volontà di strumentalizzare i cittadini che si sono impegnati in questa causa; sarebbe un grande passo verso la cancellazione della presenza di Rifondazione a Quarto d’Altino. Per questo penso anche che non mancherà l’occasione per i compagni di Rifondazione di chiarire il significato di questa loro uscita con gli organizzatori della petizione e con la cittadinanza.
Spero anch'io, con Marco, che la redazione di Rossa Idea dia le sue spiegazioni. Personalmente, pur non dibutando della buona fede di Marco (che conosco da una vita e di cui ammiro l'onestà e riconosco lo sforzo che da anni sta mettendo nella sua attività politica, pur non condividendo sempre le sue posizioni) resto dell'idea che dietro a questa presunta "leggerezza grammaticale" («abbiamo raccolto» invece di «sono state raccolte») e a questa uscita "fuori tempo" (a giochi fatti invece che prima della raccolta delle firme) ci sia anche qui la politica del "provémoghe", la quale può essere fatta anche da persone intelligenti, le quali però sperano che "fuori" non ce ne siano altre pronte a coglierle in fallo.
Ad ogni modo credo che questa vicenda – sia essa un tentativo di strumentalizzazione oppure un «errore madornale» – insegni una cosa sola, e cioè: se "civico" non è anche "indipendente" (da partiti e corporazioni) fino in fondo, il pericolo di fraintendimenti è dietro l'angolo. Se poi qualcuno mi dice che a essere indipendenti c'è il rischio che nessuno ti ascolti – in Provincia, in Regione, a Roma... – io rispondo che in Italia di paesi con poche migliai di abitanti dove il concetto di politica "civica e indipendente" può esprimersi al meglio ce ne sono a sufficienza per far aprire le orecchie anche ai sordi.
Argomenti:
(Mala)informazione,
Spazi
lunedì 31 agosto 2009
Palazzetto 2: «Non ci sto!»
Ieri ho trovato nella cassetta della posta dei miei (perché a casa mia non è arrivato) l'ultimo numero di Rossa Idea, il «foglio di rifondazione comunista del territorio altinate». Tema dell'intero numero: Palazzetto dello sport e nuova «cittadella».
Non ci sarebbe niente di male se anche il «collettivo di Rifondazione Comunista altinate» si schierasse dalla parte di chi si oppone all'alienazione dell'area su cui ora sorge il Palazzetto dello sport di via Aldo Moro, con area verde retrostante, parcheggio e campo polifunzionale all'aperto. (Per conoscere la mia opinione a proposito della vicena rimando al post del 26 agosto.)
Non mi sembra invece assolutamente corretto quell'uso della prima persona plurale con il quale la redazione riassume le tappe della famosa petizione nel box di pagina 4, intitolato "Palazzetto dello sport: si rispetti la volontà popolare":
L'articolo non è firmato, e dato che le note editoriali avvisano che «tutti gli articoli non firmati rappresentano la posizione del collettivo di Rifondazione Comunista», io capisco che con quel dire "noi" intendono "noi collettivo etc.".
Ora, uscirsene a due settimane dalla presentazione delle firme al Sindaco (avvenuta l'11 agosto) con un numero interamente dedicato alla questione "Palazzetto" e nel quale sembra che il ruolo di Rifondazione Comunista nell'organizzazione e promozione di una petizione che si presentava civica e indipendente sia stato cruciale, mi sembra un tentativo di strumentalizzazione bello e buono.
A fare i maliziosi, si potrebbe addirittura pensare che qualcuno voglia usare i risultati della petizione per "pompare" i dati elettorali delle elezioni provinciali di giugno, dove Rifondazione ha preso "solo" 136 voti (che non son comunque pochi rispetto ai risultati ottenuti su un fronte dal sindaco in carica, col Partito Socialista – 217 voti – e sull'altro dall'ex vice-sindaco, col Movimento Popolare Veneto – 274).
E dico questo perché non è la prima volta che Rifondazione mi gioca scherzi di questo tipo, come quando – nel lontano 1994 – dopo giorni di occupazione, autogestione, assemblee, gruppi di studio etc. contro la riforma Jervolino (nella quale mi ero dato anima e corpo) al momento della manifestazione conclusiva, a Venezia, sbucano fuori, inaspettate e indesiderate (almeno per me), le bandiere con la falce e il martello, come a dire: "Attenti che questi qua sono tutti con noi!". All'epoca non stavo con nessuno ma rispettavo tutti e collaboravo con tutti, e avrei voluto che anche gli altri facessero lo stesso con me. Sono passati 15 anni e da questo punto di vista non sono cambiato.
Sarei quindi curioso di sapere cosa ne pensano gli altri organizzatori della petizione, nonché i 791 firmatari. Sarei curioso di sapere quanti avrebbero firmato o fatto firmare quella petizione se sopra ci fosse stato il simbolo di Rifondazione o di qualsiasi altro partito. Perché non è che abbia qualcosa contro Rifondazione, sia chiaro. È solo che certi atteggiamenti non li sopporto, da qualsiasi parte arrivino. Punto.
Non ci sarebbe niente di male se anche il «collettivo di Rifondazione Comunista altinate» si schierasse dalla parte di chi si oppone all'alienazione dell'area su cui ora sorge il Palazzetto dello sport di via Aldo Moro, con area verde retrostante, parcheggio e campo polifunzionale all'aperto. (Per conoscere la mia opinione a proposito della vicena rimando al post del 26 agosto.)
Non mi sembra invece assolutamente corretto quell'uso della prima persona plurale con il quale la redazione riassume le tappe della famosa petizione nel box di pagina 4, intitolato "Palazzetto dello sport: si rispetti la volontà popolare":
In pieno agosto con mezzo paese in ferie, in meno di dieci giorni, ABBIAMO raccolto – grazie all'impegno diretto dei cittadini – circa 800 firme, 791 per l'esattezza. [...] Verso fine settembre si annuncia un Consiglio comunale aperto ai cittadini. Sentiremo cosa CI diranno gli amministratori e NOI DIREMO LA NOSTRA.
L'articolo non è firmato, e dato che le note editoriali avvisano che «tutti gli articoli non firmati rappresentano la posizione del collettivo di Rifondazione Comunista», io capisco che con quel dire "noi" intendono "noi collettivo etc.".
Ora, uscirsene a due settimane dalla presentazione delle firme al Sindaco (avvenuta l'11 agosto) con un numero interamente dedicato alla questione "Palazzetto" e nel quale sembra che il ruolo di Rifondazione Comunista nell'organizzazione e promozione di una petizione che si presentava civica e indipendente sia stato cruciale, mi sembra un tentativo di strumentalizzazione bello e buono.
A fare i maliziosi, si potrebbe addirittura pensare che qualcuno voglia usare i risultati della petizione per "pompare" i dati elettorali delle elezioni provinciali di giugno, dove Rifondazione ha preso "solo" 136 voti (che non son comunque pochi rispetto ai risultati ottenuti su un fronte dal sindaco in carica, col Partito Socialista – 217 voti – e sull'altro dall'ex vice-sindaco, col Movimento Popolare Veneto – 274).
E dico questo perché non è la prima volta che Rifondazione mi gioca scherzi di questo tipo, come quando – nel lontano 1994 – dopo giorni di occupazione, autogestione, assemblee, gruppi di studio etc. contro la riforma Jervolino (nella quale mi ero dato anima e corpo) al momento della manifestazione conclusiva, a Venezia, sbucano fuori, inaspettate e indesiderate (almeno per me), le bandiere con la falce e il martello, come a dire: "Attenti che questi qua sono tutti con noi!". All'epoca non stavo con nessuno ma rispettavo tutti e collaboravo con tutti, e avrei voluto che anche gli altri facessero lo stesso con me. Sono passati 15 anni e da questo punto di vista non sono cambiato.
Sarei quindi curioso di sapere cosa ne pensano gli altri organizzatori della petizione, nonché i 791 firmatari. Sarei curioso di sapere quanti avrebbero firmato o fatto firmare quella petizione se sopra ci fosse stato il simbolo di Rifondazione o di qualsiasi altro partito. Perché non è che abbia qualcosa contro Rifondazione, sia chiaro. È solo che certi atteggiamenti non li sopporto, da qualsiasi parte arrivino. Punto.
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venerdì 28 agosto 2009
Ponte di fine agosto
Con ordinanza urgente del Sindaco Marcassa, dalle 8 di questa mattina il ponte sul fiume Sile è stato chiuso al traffico in attesa delle prove di carico che ne decreteranno lo stato di salute definitivo, e di conseguenza il suo destino. Sicuramente questo non lo abbatteranno – caso mai lo "declasseranno" – anche perché ormai fa parte del paesaggio, e con i suoi quasi 100 anni (fu costruito nel 1912) è un pezzo di archeologia industriale.
Della questione ne parla ormai da giorni non solo la stampa locale (Nuova Venezia dell'11/8/09, del 23/8/09 e di ieri, 27/8/09) e la televisione (io almeno ho visto un servizio sul TG di Antenna3) ma anche la gente. Non tanto però quella di Quarto, che tutto sommato non è che possa subire grandi disagi dalla vicenda, quanto quella che vive in territorio roncadese, specie a Musestre e a San Cipriano, e che ogni giorno per più motivi transita sul ponte per venire a Quarto, anzi per "servirsi" di Quarto: della sua stazione dei treni, del suo casello autostradale, del suo accesso alla tangenziale, delle sue scuole (molti ragazzi di Musestre fanno le medie a Quarto), delle sue opportunità per il tempo libero (sport, musica, etc.). Per farvene un'idea, andate su www.roncade.it.
Negli ultimi anni, a causa di questa situazione (aggravata dal contributo di Casale sul Sile, che riversa sulle nostre strade il suo buon numero di "pendolari" ogni giorno), si è sviluppata in chi vive a Quarto una percezione di sovraffollamento del paese: nelle strade, nei parcheggi, nei treni, nei luoghi in cui si svolgono attività ricreative.
Ma si tratta appunto di percezione, perché stando ai dati ISTAT – pubblicati da Wikipedia nella pagina ufficiale del Comune di Quarto d'Altino – nell'ultimo decennio nel nostro paese c'è stato un rallentamento nella crescita della popolazione, che se dal 1991 al 2001 cresceva del 16% circa (da 6.234 a 7.228 residenti), dal 2001 al 2008 è cresciuta solo del 10% (da 7.228 a 7.993). Contrariamente il Comune di Roncade (sempre dati ISTAT elaborati da Wikipedia) tra 1991 e 2001 aumentava la sua popolazione di pochissimo (da 11.518 a 11.911), mentre dal 2001 sta galoppando a ritmi del 16% (dai 11.911 del 2001 ai 13.911 di fine 2008). Per non parlare del Comune di Casale sul Sile, che dal 1991 ad oggi continua ad aumentare la sua popolazione del 30% (7.375 nel 1991, 9.461 nel 2001, 12.418 a fine 2008).
A questo punto a uno vien da dire: fa bene il Sindaco di Quarto a chiudere il ponte se lo ritiene poco sicuro, obbligando gli abitanti di Musestre e San Cipriano a fare il giro per Casale per arrivare a Quarto: in questo modo i roncadesi capiranno quanto importante sia per loro quel ponte (e i più maliziosi aggiungono: quanto importante sia accelerare i tempi di realizzazione del nuovo ponte sul Sile, parallelo a quello dell'autostrada), e i casalesi capiranno cosa vuol dire dover fare i conti tutti i giorni con questa mole di auto e persone che si riversa sul tuo paese.
Quello che però mi chiedo io è questo: siamo sicuri che tutte queste persone siano, nel profondo, roncadesi e casalesi, e non siano piuttosto ex altinati (vecchi o nuovi, arrivati "dalla città" negli anni '80, quando Quarto era ancora campagna) che in quei paesi hanno trovato rifugio (ovvero: meno traffico, case più comode e mano care, più servizi alla persona o migliori, etc.)?
Io ho il sospetto che quello strano calo della crescita nella popolazione di Quarto d'Altino fotografato dall'ISTAT nasconda un dato poco confortante. Se teniamo infatti conto che negli ultimi anni a Quarto la proposta abitativa è aumentata, e non di poco (grazie al sistema: abbatti una casa e costruisci un condominio), come mai il tasso di crescita della popolazione non è aumentato come a Casale e a Roncade? Probabilmente perché tanti sono arrivati, ma molti di più se ne sono andati, e forse proprio a Roncade (anzi no: Musestre e San Cipriano) e a Casale. Gente che però è abituata ai "comfort" di Quarto, o semplicemente che a Quarto ha il resto della famiglia, o il lavoro, o il treno da prendere, o il corso di musica da seguire, o la squadra di pallavolo, o gli amici. Insomma: gente che ogni giorno deve attraversare quel ponte del 1912, a costo di farlo crollare.
Per ora il mio è un sospetto, ma mi riprometto di tornare sulla questione "dati alla mano".
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