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martedì 24 novembre 2009

Noi giovani imprenditori di noi stessi...



Guardando la puntata di L’infedele (su La7) di ieri sera (qui il post relativo alla puntata nel blog di Gad Lerner) cosa scopro? Che Luca Casarini, il leader dei “disobbedienti”, dei “no-global”, è... “una partita iva”! Da qualche tempo, infatti, la più famosa “tuta bianca” d’Italia si occupa (senza k...) di «consulenza sul marketing e design pubblicitario» come libero professionista. Insomma: siamo colleghi – anzi, quasi quasi siamo pure concorrenti.

Inizialmente mi stupisco, poi sorrido e dico tra me e me: quale scelta migliore per un “autonomo”, se non quella di diventare un lavoratore autonomo? In fine dei conti anche io ho occupato la scuola, anche io ho frequentato i centri sociali, ed eccomi qua, autonomo e indipendente...

mercoledì 18 novembre 2009

Altino dal cielo

La città telerivelata. Lineamenti di Forma urbis
VI Convegno di Studi Altinati



Pubblico e diffondo il programma del VI Convegno di Studi Altinati “Altino dal cielo: la città telerivelata. Lineamenti di Forma urbis”, che si terrà il giorno 3 dicembre 2009 all'Università Ca' Foscari di Venezia presso l'Aula Magna di Ca' Dolfin, unitamente all’invito per la presentazione del volume degli Atti del V Convegno di Studi Altinati “Altnoi. Il santuario altinate: strutture del sacro a confronto e i luoghi di culto lungo la via Annia”, che avrà luogo il giorno 2 dicembre 2009 presso la Sala del Consiglio di Ca' Corner, sede della Provincia di Venezia.


(Cliccare sull'immagine per ingrandirla)

[Scarica il programma in pdf - 1,8 Mb]

Personalmente ci sarò, anche per darne successivamente conto nel blog.

Mi dispiace invece non vedere, tra i partecipanti ufficiali, nemmeno un rappresentante politico di Quarto d'Altino, come ad esempio l'assessore alle Azioni per lo sviluppo di Altino o quello alla Cultura. Sicuramente li troverò tra il pubblico.

giovedì 12 novembre 2009

Palazzetto 5: Appunti da un consiglio comunale aperto

Difficile scrivere qualcosa di organico e ordinato su un evento straordinario come quello di lunedì sera scorso (9 novembre). Mi riferisco al tanto (o meglio: troppo) atteso consiglio comunale aperto nel quale si è dibattuta la proposta – avanzata all'amministrazione dai 791 cittadini firmatari della famosa petizione agostana – di fare un passo indietro riguardo le proprie scelte e "stornare" l'area del palazzetto dalla lista dei beni alienabili del comune.

Vi racconto subito com'è andata a finire: per un voto di scarto le cose resteranno come sono. 8 contrari alla petizione, 7 favorevoli, uno (il consigliere di maggioranza Grosso) astenuto.

Già qui c'è da aprire una parentesi vergognosa. All'inizio della seduta mancavano all'appello solo due consiglieri, entrambi di maggioranza: l'assessore Canonaco e il consigliere Calzavara. Cose che capitano, a novembre, in piena stagione influenzale. A meno di mezz'ora dalla fine, ovvero quando ormai la discussione si era conclusa, dando modo (in teoria) a ogni consigliere di farsi la propria idea, in piena coscienza, su come votare, fa la sua comparsa in sala l'assessore Canonaco – come dire: l'ago della bilancia. Il segretario comunale ribatte a chi obietta la correttezza di questo gesto dicendo che è tutto in regola, che la consigliera può votare, anche se non ha seguito la seduta, anche se non ha sentito le opinioni della cittadinanza. Nell'aria aleggia – oltre che lo spettro di un possibile contagio di massa, visto il numero di persone e la scarsità d'aria nella sala – un pensiero comune: "Bella prova di democrazia!". (Per inciso: dopo due giorni io ero a letto con 38 di febbre, nausea e... mi fermo qua).

Sorvolo sulle pieghe "manesche" che ha preso la questione a fine seduta. Più interessante riportare le motivazioni della maggioranza rispetto alle proprie scelte (cito parafrasando e riassumendo gli interventi, a partire da quello iniziale dell'assessore Bianchini, passando per le varie dichiarazioni del sindaco Marcassa):

Noi non abbiamo nessuna intenzione, entro la fine del nostro mandato, né di vendere l'area del palazzetto né tanto meno di buttarlo giù, per il semplice motivo che non abbiamo i tempi tecnici per portare avanti un progetto nel quale però crediamo, ovvero: comprare un terreno periferico (chiuso tra viale della Resistenza, via Colombera, e il canale Carmason) e lì costruire degli impianti sportivi nuovi e più grandi. Un progetto dunque che non spetterà a noi portare avanti, ma a chi verrà dopo di noi. Consci però delle difficoltà in cui versano (e verseranno in futuro) le casse del comune, già nel 2003 abbiamo pensato di agevolare i nostri successori togliendo per tempo i "sigilli" a un'area di proprietà comunale di pregio, dalla vendita della quale la futura amministrazione potrà – se lo vorrà – ricavare i soldi necessari alla realizzazione dei nuovi impianti: l'area del palazzetto (edificio + parcheggio). Per evitare discontinuità alle attività sportive, e per dare quindi possibilità all'impresa che in quell'area andrà a costruire di iniziare i lavori anche prima che siano pronti i nuovi impianti, abbiamo successivamente pensato (2008) di allargare l'area alienabile al campetto polifunzionale, all'area verde retrostante il palazzetto e al parcheggio su via Aldo Moro. Nonostante questo, i metri (quadri e cubi) edificabili rimarranno inalterati rispetto al 2003: quindi, il verde non verrà toccato né tanto meno il campetto. C'è da aggiungere che con la candidatura di Venezia alla prossime Olimpiadi, e la sua eventuale vincita, può essere che Quarto rientri per le sua posizione strategica nelle aree beneficiate dagli interventi pubblici: se così fosse non ci sarebbe nemmeno bisogno di toccarlo, il palazzetto, perché i soldi li metterebbero gli altri.

Insomma: avessero il tempo per farlo (certo: a meno che Venezia non vinca la candidatura alle Olimpiadi...) loro venderebbero l'area del palazzetto (tutta, compreso verde, campetto, parcheggio) a un privato, che lì costruirebbe condomini da 3 o 4 piani fuori terra per un totale di 38 / 50 appartamenti. Con i soldi che il comune incasserebbe dall'operazione, acquisterebbero il terreno in via Colombera e ci costruirebbero (sempre che i soldi bastino) delle strutture nuove, moderne, più grandi (anche se ancora non si sa bene cosa esattamente). Il tempo però non c'è, quindi si limitano a fare questo lavoro – sporco e impopolare, come stiamo vedendo – preparatorio per chi verrà dopo di loro. Il quale – immagino io – se sarà un loro prolungamento politico, in campagna elettorale avrà in mano una doppia arma: da un lato il palazzetto ancora in piedi (prova che loro le promesse le mantengono), dall'altro la promessa di realizzare in tempi brevi (se eletti) la "cittadella dello sport" (prova della loro capacità manageriale). Difficile quindi, per un eventuale avversario politico, competere con chi in campagna elettorale potrà promettere il progresso – anche a costo di un pezzo sano del paese – e per di più con le carte in regola per mostrarsi "senza macchia".

Ma nel tra le righe delle posizioni della maggioranza c'è dell'altro, su cui qualcuno ha cercato di soffermarsi, però con scarsi risultati, anche a causa del "disordine" che un consiglio comunale aperto purtroppo comporta. Se si fosse discusso della questione prima in un incontro pubblico, poi in un consiglio comunale non aperto (se non ai promotori della petizione, e con un'altrettanto forte partecipazione) certe cose forse si sarebbero notate di più.

Ad esempio la questione dell'area verde e del campetto. Da come l'ha spiegato l'assessore Bianchini, sembrerebbe che nessuno voglia toccarli. Ma questo cosa significa? Che resteranno esattamente dove sono ora, come chiedono i firmatari? Specialmente l'area verde, che ora costituisce un prolungamento ideale dei "giardinetti" (o "parco", come va di moda chiamarlo adesso): resterà lì dov'è o verrà ridistribuita all'interno del lotto? La questione, su cui ha cercato di portare più volte l'attenzione il consigliere Simionato, è passata in secondo piano quando in realtà è di primaria importanza, perché per poter far iniziare alla ditta i lavori di costruzione dei condomini e parallelamente far continuare (in sicurezza) le attività sportive, l'unico posto in cui si può costruire è proprio a cavallo tra l'area verde, il parcheggio su via Aldo Moro e il campetto. Negare questo (come per un po' è stato fatto, finché il vice sindaco, messo alle strette – e secondo me non visto da tutti – ha sorriso allargando le braccia, in un'espressione che io ho interpretato così: "Simionato, queo xe el spassio! De sicuro no sarò mi a dirte che e robe ndarà cussì...") significa negare le motivazioni che hanno portato all'ampliamento dell'area alienabile effettuato nel 2008. Senza contare il fatto che anche se i metri quadri di verde, in un modo o nell'altro, resteranno invariati, una cosa è certa: non saranno più di dominio pubblico ma ad uso esclusivo dei condomini.

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Un'altra domanda a cui non è stata data risposta è quella avanzata dal consigliere Bozzetti, il quale ha chiesto come mai l'amministrazione, invece di intervenire sull'area del palazzetto, non ha pensato di avviare un progetto (magari complementare, non per forza sostitutivo delle strutture esistenti, e magari – aggiungo io – pensando non solo allo sport...) su un terreno già di proprietà del comune, localizzato all'incrocio tra la nuova Via Primo Maggio e la "via del nuovo sotto-passo", in pratica di fronte al Bosco delle Crete (scheda C4.14 del P.R.G. - Zona gialla dell'immagine allegata). La domanda di Bozzetti ha richiamato subito la mia attenzione perché è da un po' di tempo che sostengo che tutta quella zona (non solo la C4.14 ma anche l'area agricola – scheda E2 – che corre lungo via Primo Maggio, fronteggiando il neo-nascente insediamento artigianale (zona rosa immagine allegata), nonché l'ampia zona di rispetto della ferrovia e del canale Carmason) sarebbe perfetta per ricavare degli spazi pubblici (sportivi, ricreativi, culturali) immersi nel verde.

(Cliccare sull'immagine per ingrandirla)

Una soluzione del genere comporterebbe diversi vantaggi:

1) creerebbe un ottimo cuscinetto verde tra la zona residenziale e la zona artigianale di Via Pascoli
2) sarebbe comoda e sicura da raggiungere per tutti gli abitanti del capoluogo, ma anche da chi vive in zona Crete e in zona Viale della Resistenza (anche più dell'attuale palazzetto, dopo la recente chiusura del passaggio a livello)
3) sarebbe perfettamente servita dal nuovo parcheggio delle ferrovie, nonché comoda all'uscita di tangenziale e passante
4) compenserebbe il deficit di standard a verde e a servizi pubblici che si è creato in tutta la zona a sud di via Gramsci

La questione è spinosa, perché si tratterebbe di andare contro tendenza, convertendo ad area standard (Sb o Sc) un'area molto probabilmente già destinata a insediamento residenziale (come è succede di regola altre C4 identificabili nel P.R.G., compresa la C4.24 su cui sorge il palazzetto...) ma comunque identificata come "Soggetta a strumento attuativo e a Scheda di progetto".

E qui mi aggancio a due interventi che mi sono piaciuti molto, perché invece di tirare in ballo un futuro fumoso, fatto di olimpiadi e opere faraoniche, hanno riportato indietro negli anni chi – perché troppo giovane o perché all'epoca ancora non residente a Quarto – certe cose non può saperle.

Mi riferisco all'intervento di Mauro Marcassa (sindaco all'epoca della costruzione del palazzetto) e del signor Miola (papà di un mio compagno delle medie, ma questo non importa...).

Mauro Marcassa ha spiegato che l'intera area "giardinetti + palazzetto" fu identificata come area standard a cavallo tra anni '70 e '80 per compensare la forte carenza di aree standard nella zona a ovest della ferrovia. La precedente amministrazione, che aveva comprato quella terra, l'aveva infatti destinata interamente a zona residenziale (villette e bifamiliari, come ha spiegato il signor Miola, ricordando un cartellone "pubblicitario" che il comune aveva affisso in quel periodo nella piazza del paese). Insomma: all'epoca ci fu la volontà politica di cambiare rotta, in un periodo in cui la speculazione aveva ripreso a galoppare. Cosa che a quanto pare l'attuale amministrazione non è disposta a fare.

Marcassa ha poi continuato dando dei dati tecnici sulla costruzione del palazzetto. Prima di tutto doveva essere una struttura scoperta, come la coeva pista da pattinaggio (oggi campetto) adiacente. Poi, siccome in quel periodo il basket femminile (il mitico Agos) era andato in serie A2, pensarono di fare una struttura coperta. Insomma: nei primi anni '80 poteva apparire sicuramente come una struttura sovradimensionata per le dimensioni del paese. E se non ricordo male, chiusa la stagione d'oro del basket femminile, per un buon periodo il palazzetto risultò addirittura sottoutilizzato, nonostante in quegli anni la popolazione giovanile (che è poi quella che da sempre usa di più gli impianti sportivi) fosse ben più numerosa di adesso: nel 1982 su 5.404 abitanti i giovani tra gli 8 e i 25 anni erano 1.592, a inizio 2009 su circa 8000 abitanti i giovani della stessa età sono scesi a 1.275! Certo: all'epoca oltre al calcio non c'era molto, a differenza di adesso, ma da qui a dire che Quarto ha assolutamente bisogno di strutture più grandi, ce ne vuole.

La costruzione del palazzetto in una foto di Piero Calza – 1980 circa.
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Marcassa ha concluso il suo intervento fornendo dati precisi sui materiali di costruzione usati all'epoca, sulle garanzie di durata di tetto e pavimento (rivelatesi superiori alle previsioni), stupendosi lui stesso di come la struttura abbia reagito così bene a quasi 30 anni di utilizzo. I circa 130 mila euro spesi in questi ultimi anni per rifare il pavimento, il tetto, per adeguare le uscite di sicurezza, per rifare l'impianto idraulico non significano che il palazzetto è vecchio e decrepito, ma che aveva bisogno di essere restaurato, come una qualsiasi casa dopo 20/30 anni. Un'operazione di "riciclo", quindi, in totale sintonia con le tendenze ecologiste degli ultimi anni, sposate anche dalla nostra amministrazione.

Ma mettiamo pure il caso che il palazzetto risultasse inadeguato, anche a fronte di ulteriori modifiche, ad ospitare attività sportive: perché invece di buttarlo giù non si pensa di recuperarlo – che ne so – come centro culturale con teatro/auditorium e biblioteca (che a mio avviso starebbero molto meglio lì, vicino alle scuole, che non davanti al municipio, come si usava nei secoli scorsi: ma su questo tornerò con più calma)?

Insomma, a volerlo, alternative realmente più utili al benessere del paese (di questo paese) ce ne sarebbero. Poi si sa: il popolo delega col proprio voto alcune persone, legittimandole a scegliere per tutti etc. etc. Sì, lo sappiamo tutti. Però...

lunedì 9 novembre 2009

Palazzetto 4: La lettera

Negli ultimi giorni alcuni firmatari dell'ormai strafamosa petizione contro l'inserimento del palazzetto dello sport tra i beni alienabili del comune etc. etc. hanno ricevuto una lettera dal Comune di Quarto d'Altino nella quale il sindaco Loredano Marcassa spiega «brevemente il suo punto di vista» sulla questione, confermando che il consiglio «che ho richiesto» si terrà lunedì 9 novembre 2009 (cioè questa sera) alle 20 presso il Centro Servizi (appuntamento al quale sicuramente non mancherò).

Dato che a quanto pare non tutti i firmatari l'hanno ricevuta (è arrivata qua e là, quasi a caso), la metto agli atti pubblicandola nel blog.



(per ingrandire l'immagine basta cliccarci sopra).

sabato 7 novembre 2009

Questione di soldi

Torno brevemente sui temi del post precedente a questo per fare una precisazione d'obbligo.

Chi ha scelto di andarsene da Quarto per approdare nei paesi limitrofi l'ha fatto non solo per una questione di vivibilità etc., bensì pure per una questione economica.

C'è stato un periodo infatti in cui, con gli stessi soldi, se a Quarto ti compravi un appartamento (e neanche tanto grande) a Casale, Musestre o San Cipriano ti compravi una porzione di schiera. Allo stesso modo, a parità di metratura, anni, finiture etc. un appartamento a Quarto costava molto di più che nei paesi limitrofi.

Va da sé che in quel periodo un altinate che voleva (o doveva) risparmiare sull'acquisto della casa, di certo non sceglieva di restare a Quarto.

E se molte di queste persone si sono trovate costrette (per mancanza di budget) a fare questa scelta, finendo spesso per abitare in un appartamento a Pozzetto di Roncade o a Sant'Elena di Casale sul Sile,  altre ne hanno approfittato per vendere l'appartamento (magari neanche tanto nuovo) e farsi, con gli stessi soldi (o poco più), la casa altrove (ma in un "altrove" a portata di mano).

Qualcuno potrebbe dire che questi ultimi hanno opportunisticamente cavalcato l'onda del mercato immobiliare "squilibrato": ma ci son stati anni in cui comprare un pezzo di schiera o di binata a  Quarto era impossibile, e questo perché se ne costruivano talmente poche (a vantaggio di complessi di appartamenti, spesso mini) che se qualcuno ne restava aveva un prezzo inavvicinabile.

In ogni caso c'è chi ha approfittato della situazione. Sicché l'impressione è quella che Quarto (come tanti piccoli paesi italiani) abbia costituito in quest'ultimo decennio e oltre una sorta di laboratorio della speculazione edilizia nel quale sono stati coinvolti non solo gli impresari edili – grossi (quelli di operazione tipo "Quarto borgo", o la Marina di Portegrandi, o l'ex area Zanchetin, per citare i casi più clamorosi) e piccoli (quelli dei quartieri-casbah come la zona fra Viale della Resistenza, Via Puccini, Viale Toscanini e il canale Carmason, o dei condomini-Fenice, risorti sulle ceneri di case unifamiliari) – ma anche i singoli cittadini, proprietari di un appartamento acquistato a poche decine di milioni negli anni '80 e rivenduto a più di 100 mila euro nei primi anni del 2000.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti, specie in questo periodo di "crisi" (presunta o reale, comunque generale): super-complessi condominiali mezzi vuoti, negozi invenduti. E si sa che dove la vita di tutti i giorni non arriva, arriva il degrado, sia urbano che sociale.