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lunedì 31 agosto 2009

Palazzetto 2: «Non ci sto!»

Ieri ho trovato nella cassetta della posta dei miei (perché a casa mia non è arrivato) l'ultimo numero di Rossa Idea, il «foglio di rifondazione comunista del territorio altinate». Tema dell'intero numero: Palazzetto dello sport e nuova «cittadella».

Non ci sarebbe niente di male se anche il «collettivo di Rifondazione Comunista altinate» si schierasse dalla parte di chi si oppone all'alienazione dell'area su cui ora sorge il Palazzetto dello sport di via Aldo Moro, con area verde retrostante, parcheggio e campo polifunzionale all'aperto. (Per conoscere la mia opinione a proposito della vicena rimando al post del 26 agosto.)

Non mi sembra invece assolutamente corretto quell'uso della prima persona plurale con il quale la redazione riassume le tappe della famosa petizione nel box di pagina 4, intitolato "Palazzetto dello sport: si rispetti la volontà popolare":

In pieno agosto con mezzo paese in ferie, in meno di dieci giorni, ABBIAMO raccolto – grazie all'impegno diretto dei cittadini – circa 800 firme, 791 per l'esattezza. [...] Verso fine settembre si annuncia un Consiglio comunale aperto ai cittadini. Sentiremo cosa CI diranno gli amministratori e NOI DIREMO LA NOSTRA.

L'articolo non è firmato, e dato che le note editoriali avvisano che «tutti gli articoli non firmati rappresentano la posizione del collettivo di Rifondazione Comunista», io capisco che con quel dire "noi" intendono "noi collettivo etc.".

Ora, uscirsene a due settimane dalla presentazione delle firme al Sindaco (avvenuta l'11 agosto) con un numero interamente dedicato alla questione "Palazzetto" e nel quale sembra che il ruolo di Rifondazione Comunista nell'organizzazione e promozione di una petizione che si presentava civica e indipendente sia stato cruciale, mi sembra un tentativo di strumentalizzazione bello e buono.

A fare i maliziosi, si potrebbe addirittura pensare che qualcuno voglia usare i risultati della petizione per "pompare" i dati elettorali delle elezioni provinciali di giugno, dove Rifondazione ha preso "solo" 136 voti (che non son comunque pochi rispetto ai risultati ottenuti su un fronte dal sindaco in carica, col Partito Socialista – 217 voti – e sull'altro dall'ex vice-sindaco, col Movimento Popolare Veneto – 274).

E dico questo perché non è la prima volta che Rifondazione mi gioca scherzi di questo tipo, come quando – nel lontano 1994 – dopo giorni di occupazione, autogestione, assemblee, gruppi di studio etc. contro la riforma Jervolino (nella quale mi ero dato anima e corpo) al momento della manifestazione conclusiva, a Venezia, sbucano fuori, inaspettate e indesiderate (almeno per me), le bandiere con la falce e il martello, come a dire: "Attenti che questi qua sono tutti con noi!". All'epoca non stavo con nessuno ma rispettavo tutti e collaboravo con tutti, e avrei voluto che anche gli altri facessero lo stesso con me. Sono passati 15 anni e da questo punto di vista non sono cambiato.

Sarei quindi curioso di sapere cosa ne pensano gli altri organizzatori della petizione, nonché i 791 firmatari. Sarei curioso di sapere quanti avrebbero firmato o fatto firmare quella petizione se sopra ci fosse stato il simbolo di Rifondazione o di qualsiasi altro partito. Perché non è che abbia qualcosa contro Rifondazione, sia chiaro. È solo che certi atteggiamenti non li sopporto, da qualsiasi parte arrivino. Punto.

venerdì 28 agosto 2009

Ponte di fine agosto



Con ordinanza urgente del Sindaco Marcassa, dalle 8 di questa mattina il ponte sul fiume Sile è stato chiuso al traffico in attesa delle prove di carico che ne decreteranno lo stato di salute definitivo, e di conseguenza il suo destino. Sicuramente questo non lo abbatteranno – caso mai lo "declasseranno" – anche perché ormai fa parte del paesaggio, e con i suoi quasi 100 anni (fu costruito nel 1912) è un pezzo di archeologia industriale.

Della questione ne parla ormai da giorni non solo la stampa locale (Nuova Venezia dell'11/8/09, del 23/8/09 e di ieri, 27/8/09) e la televisione (io almeno ho visto un servizio sul TG di Antenna3) ma anche la gente. Non tanto però quella di Quarto, che tutto sommato non è che possa subire grandi disagi dalla vicenda, quanto quella che vive in territorio roncadese, specie a Musestre e a San Cipriano, e che ogni giorno per più motivi transita sul ponte per venire a Quarto, anzi per "servirsi" di Quarto: della sua stazione dei treni, del suo casello autostradale, del suo accesso alla tangenziale, delle sue scuole (molti ragazzi di Musestre fanno le medie a Quarto), delle sue opportunità per il tempo libero (sport, musica, etc.). Per farvene un'idea, andate su www.roncade.it.

Negli ultimi anni, a causa di questa situazione (aggravata dal contributo di Casale sul Sile, che riversa sulle nostre strade il suo buon numero di "pendolari" ogni giorno), si è sviluppata in chi vive a Quarto una percezione di sovraffollamento del paese: nelle strade, nei parcheggi, nei treni, nei luoghi in cui si svolgono attività ricreative.

Ma si tratta appunto di percezione, perché stando ai dati ISTAT – pubblicati da Wikipedia nella pagina ufficiale del Comune di Quarto d'Altino – nell'ultimo decennio nel nostro paese c'è stato un rallentamento nella crescita della popolazione, che se dal 1991 al 2001 cresceva del 16% circa (da 6.234 a 7.228 residenti), dal 2001 al 2008 è cresciuta solo del 10% (da 7.228 a 7.993). Contrariamente il Comune di Roncade (sempre dati ISTAT elaborati da Wikipedia) tra 1991 e 2001 aumentava la sua popolazione di pochissimo (da 11.518 a 11.911), mentre dal 2001 sta galoppando a ritmi del 16% (dai 11.911 del 2001 ai 13.911 di fine 2008). Per non parlare del Comune di Casale sul Sile, che dal 1991 ad oggi continua ad aumentare la sua popolazione del 30% (7.375 nel 1991, 9.461 nel 2001, 12.418 a fine 2008).

A questo punto a uno vien da dire: fa bene il Sindaco di Quarto a chiudere il ponte se lo ritiene poco sicuro, obbligando gli abitanti di Musestre e San Cipriano a fare il giro per Casale per arrivare a Quarto: in questo modo i roncadesi capiranno quanto importante sia per loro quel ponte (e i più maliziosi aggiungono: quanto importante sia accelerare i tempi di realizzazione del nuovo ponte sul Sile, parallelo a quello dell'autostrada), e i casalesi capiranno cosa vuol dire dover fare i conti tutti i giorni con questa mole di auto e persone che si riversa sul tuo paese.

Quello che però mi chiedo io è questo: siamo sicuri che tutte queste persone siano, nel profondo, roncadesi e casalesi, e non siano piuttosto ex altinati (vecchi o nuovi, arrivati "dalla città" negli anni '80, quando Quarto era ancora campagna) che in quei paesi hanno trovato rifugio (ovvero: meno traffico, case più comode e mano care, più servizi alla persona o migliori, etc.)?

Io ho il sospetto che quello strano calo della crescita nella popolazione di Quarto d'Altino fotografato dall'ISTAT nasconda un dato poco confortante. Se teniamo infatti conto che negli ultimi anni a Quarto la proposta abitativa è aumentata, e non di poco (grazie al sistema: abbatti una casa e costruisci un condominio), come mai il tasso di crescita della popolazione non è aumentato come a Casale e a Roncade? Probabilmente perché tanti sono arrivati, ma molti di più se ne sono andati, e forse proprio a Roncade (anzi no: Musestre e San Cipriano) e a Casale. Gente che però è abituata ai "comfort" di Quarto, o semplicemente che a Quarto ha il resto della famiglia, o il lavoro, o il treno da prendere, o il corso di musica da seguire, o la squadra di pallavolo, o gli amici. Insomma: gente che ogni giorno deve attraversare quel ponte del 1912, a costo di farlo crollare.

Per ora il mio è un sospetto, ma mi riprometto di tornare sulla questione "dati alla mano".

mercoledì 26 agosto 2009

Palazzetto: io ho firmato ma...


La questione "abbattimento palazzetto" sta scaldando gli animi in questa di per sé già calda estate altinate. Ne parla molto la gente, a seguito della Petizione per il mantenimento nel patrimonio pubblico del Palazzetto dello Sport di Quarto d’Altino, dell’area verde adiacente e della struttura sportiva polivalente di via A. Moro promossa nelle scorse settimane, e ne parlano molto i giornali (anzi, quasi solo La Nuova Venezia con un articolo del 30/7/09, uno del 13/8/09 e uno del 14/8/09).

Diversamente, dell'ormai prossimo – e questo sì certo – abbattimento della sede dei corsi di musica ne parlo solo io in questo blog, un paio di giornaliste (tra cui la stessa autrice degli articoli della Nuova Venezia) e gli amministratori da loro intervistati.

Devo ammettere che questa cosa un po' mi "brucia", ma bisogna anche essere realisti: sarà per la differenza di dimensioni, sarà perché lo sport può più della musica (numericamente, ma non solo), sarà perché imbucata dov'è la sede dei corsi dà meno nell'occhio o perché al suo posto verrà fatto un parcheggio e non – come sembrerebbe – l'ennesima cinquantina di appartamenti: fatto sta che se ne parla poco.

Nonostante questo, io la petizione l'ho firmata. Non solo, l'ho fatta firmare a mia volta ad almeno una ventina di persone, premurandomi di spiegare bene di cosa si trattava, senza tagliar corto dicendo – come purtroppo qualcuno pare abbia fatto, rischiando di far perdere credibilità alla cosa - "vogliono buttar giù il palazzetto: se non sei d'accordo, firma qua".

Anche in questo caso (come per la questione "nuova sede associazioni in Piazza del Donatore") personalmente sono dell'idea che la questione "nuove strutture per lo sport" vada affrontata con realismo, valutando più soluzioni, anche quelle meno simpatiche, come la vendita e il cambio d'uso dell'area (a patto che venga fatta con buon senso), ma prima di tutto sono convinto che tutto questo vada fatto assieme alla cittadinanza (tutta, e non solo a chi vive attorno alle aree interessate, e che per forza di cose vorrebbe che tutto restasse sempre com'è) e a chi quelle strutture le "vive" quotidianamente (da chi le usa a chi le gestisce).

Quello che infatti mi infastidisce della vicenda, e per cui ho firmato la petizione, è che come sempre si è dovuti arrivare a questo – a raccogliere 791 firme in pieno agosto – per convincere l'amministrazione ad aprire un dialogo. Dichiara infatti il vicesindaco Bianchini sulla Nuova Venezia del 13 agoto scorso (articolo «Non demolite il palazzetto»): «La petizione sarà oggetto di un consiglio comunale».

Qualcuno commenterebbe: "I sèra e porte co' i bò xe za scampai". Io direi piuttosto: "I ghe ga provà".

Ricordo che la stessa cosa, più o meno, è successa all'epoca dell'abbattimento delle vecchie scuole elementari, e più tardi con la costruzione del cosiddetto "Eco mostro" sul Sile (alias Quarto Borgo). Insomma: cambiano gli amministratori, ma il metodo è sempre lo stesso: "Fa' e tasi". E se qualcuno si lamenta vorrà dire che faremo un consiglio comunale in più, li lasceremo sfogare un po', tanto poi si sa: in democrazia la maggioranza vince.

venerdì 21 agosto 2009

Quale sede per le associazioni?

Inauguro questo mio nuovo blog con alcune osservazioni in merito all'articolo uscito nella Nuova Venezia del 15 agosto 2009 (pagina 22) a firma di Marta Artico e intitolato Quarto, una nuova sede per le associazioni.

Lo faccio perché, in quanto presidente dell'associazione Diapason&Naima, che dal 2001 gestisce i corsi di musica a Quarto d'Altino, mi sono sentito chiamare in causa quando l'autrice dell'articolo scrive che questa nuova sede per le associazioni, che verrà costruita nell'ambito dell'ampliamento dell'attuale sede AVIS (in Piazza del Donatore), potrà andare in uso «ad esempio alla scuola di musica, che attualmente si trova dietro il municipio, in uno stabile destinato a sparire a breve per via dei lavori di ampliamento».

Che la sede "storica" dei corsi di musica sia destinata alla demolizione, per far spazio ai parcheggi del municipio, è cosa nota, almeno dal 2003. E dal 2003, periodicamente, ci rechiamo da sindaco e assessori competenti chiedendo di poter studiare con loro una soluzione alternativa.

In sei anni ne abbiamo sentite tante: prima doveva essere il Centro Servizi (dove però si è riusciti a ricavare solo la sala prove, fino ad allora ospitata nell'ex scuola elementare delle Crete, oggi asilo nido); poi il famoso "blocchetto" del complesso ATER, di fronte alla chiesa, che – ora che è finalmente ultimato – è luogo incompatibile visto che ospiterà la nuova biblioteca; infine, recentemente, l'edificio in progetto in piazza del Donatore.

Una soluzione, quest'ultima, che dopo aver visionato i disegni e valutato quindi gli spazi abbiamo considerato noi per primi inadeguata. Tant'è che la mattina di giovedì 6 agosto (giorno del Consiglio Comunale citato nell'articolo della Artico), in un ennesimo incontro col sindaco, ci siamo sentiti dire che nemmeno lui aveva mai pensato che quella soluzione potesse andar bene per noi, rilanciandone un'altra dai contorni ancora più incerti e fantasiosi (e su cui quindi sorvolo).

Probabilmente il sindaco non ha aggiornato né la cronista della Nuova Venezia né i suoi colleghi consiglieri di maggioranza, visto che il consigliere Mareso quella stessa sera, ribattendo alla petizione presentata dal consigliere di minoranza Simionato e con la quale 75 firmatari si opponevano alla realizzazione del progetto in quell'area, sosteneva che di quell'intervento c'è urgente bisogno per dare spazio alle tante associazioni operanti nel territorio tra cui (cito più o meno testualmente, a memoria) Oltreiconfini, alla quale l'amministrazione attualmente paga dei locali presi in in affitto da un privato, e... gli Amici della musica, che sono costretti da anni a insegnare musica ai ragazzi «in quel ghetto».

Il riferimento andava chiaramente nella nostra direzione: peccato che gli Amici della musica (amici anche nostri, presidente in primis) non gestiscono più i corsi da almeno 10 anni, occupandosi invece di promuovere nel territorio la musica classica con concerti e lezioni-concerto. A quanto pare, a forza di stare nel «ghetto» abbiamo perso la nostra identità, tanto per i consiglieri quanto per i giornalisti (non si parla mai infatti dei "corsi di musica gestiti da Diapason&Naima" ma genericamente e impropriamente di "scuola di musica"): eppure mi sembra che in questi anni non siamo stati per niente avari in fatto di comunicazione (oltre alle migliaia di volantini distribuiti casa per casa ad ogni evento, alle centinaia di locandine affisse nel territorio, alle manifestazioni pubbliche, al sito etc. sul muro della sede dei corsi, dietro il municipio, c'è uno striscione alto 2 metri con scritto "Diapason&Naima - CORSI DI MUSICA"...) così come non sono state poche le occasioni di collaborazione con l'amministrazione (ultimo, in ordine cronologico, il Tributo a De André organizzato sugli scavi di Altino nell'ambito della rassegna comunale R...estate nei parchi).

Ma veniamo al dunque: perché riteniamo che quegli spazi non siano idonei ad ospitare i corsi di musica? Semplicemente perché abbiamo 180 allievi (destinati a diventare almeno 200 il prossimo anno, se la tendenza di crescita degli ultimi anni si manterrà tale) impegnati in corsi per lo più individuali (come richiede il tipo di disciplina) e che utilizzano continuativamente, da ottobre a maggio, dal lunedì al sabato, dalle 14 alle 22 (e spesso anche la mattina) 5 stanze dietro il municipio più – anche se con frequenza minore, perché limitatamente al corso di batteria - la sala prove al Centro Servizi.

Come spiega Beatrice Giai Gischia in un suo articolo apparso su Gente Veneta n. 30/2009 (datato 18 luglio 2009) il progetto, oltre all'ampliamento della sede AVIS, prevede «due sale riunioni di 38 mq, due uffici di 12 mq e altri due di circa 15 mq con i relativi servizi igienici» dove – spiega Marta Artico nel suo articolo - oltre alla "scuola di musica" potranno trovare sede «anche l’associazione Oltre i Confini [...] e l’Auser» attive entrambe in paese con attività didattiche e di laboratorio.

Insomma: lo spazio è poco per contenerci tutti, e strutturato com'è ora può andar benissimo per Oltreiconfini e per l'Auser (che attualmente ha due stanze al Centro Servizi), non certo per noi. E non si tratta di fare i difficili, altrimenti non saremmo resistiti tutto questo tempo «in quel ghetto», anzi: ce lo siamo sistemati alla meno peggio - col contributo dell'amministrazione, certo, ma poi con le nostre mani - e ci piange il cuore, adesso, pensare che tra nemmeno un anno (primavera 2010, ci ha assicurato il sindaco) verrà abbattuto.

Arrivati a questo punto occorre una precisazione: personalmente sono dell'idea che l'area di Piazza del Donatore sia un'ottima zona per realizzare strutture di utilità pubblica, specie se progettate per ospitare attività didattiche come corsi, laboratori etc. È vero che nel P.R.G. quell'area è definita "Sc - Area per attrezzature parco per il gioco e lo sport", e non "Sb - Area per attrezzature di interesse comune" o "Sa - Area per l'istruzione" (vedi immagine qui sotto), invece non è vero quello che Marta Artico scrive nel suo articolo, cioè che «Agli abitanti di piazza Donatore, infatti, non va giù che per ampliare la sede Avis venga eliminato lo spazio verde dove si trova un campetto da calcio», in quanto 1) il campo da calcio si trova oltre l'area interessata dal progetto, ed è un'area non edificabile in quanto sorge sopra delle enormi vasche di raccolta dell'acqua 2) a parte l'ampliamento della sede AVIS, che andrebbe a invadere uno spazio in parte alberato, il resto del progetto verrebbe realizzato su un "corridoio" di erba di circa 200 mq che corre lungo il recinto delle scuole elementari, perpendicolarmente all'attuale sede AVIS, con un impatto "ecologico" minimo 3) in realtà pare che gli abitanti di Piazza del Donatore temano di più il fatto che la loro quiete sia disturbata dalla presenza di associazioni, quindi di gente, peggio se giovani (che frequentano i corsi di musica e quelli dell'Auser) ed extracomunitari (che frequentano i corsi di italiano di Oltreiconfini). Ricordo benissimo, a fine anni '90, il NO secco di quegli abitanti alla proposta di realizzare negli spogliatoi ALCAMI (caduti in disuso perché anche le attività sportive, sotto casa, disturbano...) la sala prove. E se in quel caso potevano avere anche ragione, perché è difficile controllare i volumi di un intero gruppo che suona, magari fino a mezzanotte, magari d'estate quando si dorme con le finestre aperte, altra cosa è la soluzione che si prospetterebbe ora.


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Nonostante quindi sia favorevole al potenziamento delle strutture per le associazioni in Piazza del Donatore, quello che non mi trova per niente d'accordo è il metodo seguito per arrivare a questa soluzione ma soprattutto i risultati a cui ha portato. Non è infatti mia intenzione ripetere la puntuale e documentata ricostruzione della vicenda del PIRUEA "ex area ENEL" che il consigliere di minoranza Simionato ha fatto giovedì 6 agosto in Consiglio comunale: voglio invece "rifare i conti" per dimostrare che nell'operazione «cittadella della cultura» (come la definisce l'assessore Bianchini nell'articolo citato della Giai Gischia) lo spazio per tutti ci sarebbe stato, eccome.


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Originariamente (delibera di Consiglio Comunale n. 52 del 30/9/05) era prevista, nell'area ex ENEL, «la realizzazione di una porzione di edificio [con destinazione d'uso pubblico] di due piani fuori terra per un volume complessivo di 790 mc [metri cubi]» che i proprietari del terreno concedevano al comune «in quota benefici finanziari pubblici». Siccome da progetto quest'edificio risultava ubicato completamente nella fascia di rispetto della ferrovia – e la Regione giustamente se n'è accorta, chiedendo la modifica del progetto – con deliberazione di Giunta n. 77 del 13/07/06 si correggeva il tiro stabilendo che «nel caso non venisse concessa la prescritta deroga alle distanze da parte del gestore della linea ferroviaria, [il Comune] si riserva di proporre l'esecuzione dell'opera in altro sito con realizzazione diretta da parte del soggetto attuatore o, ove lo stesso non accetti, come opera pubblica comunale finanziata mediante l'incameramento della somma di euro 283.680», somma che corrisponde esattamente ai «benefici finanziari pubblici per la realizzazione diretta all’interno dell’ambito di intervento di un edificio polifunzionale da cedere al Comune» stabilita con la citata delibera n. 52 del 2005, ovvero quando l'edificio era previsto in proprietà privata e non pubblica. Non si sa se la «prescritta deroga alle distanze da parte del gestore della linea ferroviaria» sia stata concessa o meno: si sa solo che l'immobiliare Da Lio, che nel frattempo ha acquistato da Casaitalia – primo acquirente – il terreno, ha proposto al comune la realizzazione diretta dell'edificio «in area esterna all'ambio del PIRUEA».

Conclude infatti così la delibera di Consiglio di Giunta n. 125 dell'11/11/08 con la quale si è chiusa recentemente la vicenda: «l'opera pubblica prevista dal PIRUEA in argomento "costruzione porzione di edificio ad uso pubblico di mc. 790,00" dovrà essere ubicata sul terreno di proprietà comunale sito in località Capoluogo, Piazza del Donatore».

Ecco però il primo conto che non torna. Realizzando l'edificio polifunzionale in area ex ENEL il comune diventava proprietario non solo dell'edificio ma anche del terreno su cui veniva costruito. Spostando lo stesso edificio (cioè la stessa cubatura) su terreno di proprietà comunale il comune viene a rimetterci il valore di quel terreno, mentre il privato torna in possesso dello stesso senza pagarlo. Inoltre, l'edificio collocato in area ex ENEL doveva essere su due piani, quello ricollocato in Piazza del Donatore si svilupperà su un solo piano, immagino con un certo risparmio da parte del costruttore (un solaio in meno, una scala in meno, meno calcoli di staticità...).

Per far quadrare i conti bisognerebbe che l'edificio, ricollocato in area comunale, avesse un valore superiore a quello iniziale: valore che, tradotto in cubatura, significherebbe spazio in più per le associazioni. Io non me ne intendo di terreni, ma quanto possono valere 200 mq di terra (intesa come la base di un edificio di 790 mc sviluppato su due piani, compreso un minimo di area esterna e di via di accesso) anche solo ipotizzando che il privato su quell'area ci ricavi una decina di parcheggi, o un'area di manovra, o del verde o qualsiasi altra cosa che aumenti il valore del proprio immobile? Se qualcuno lo sa, lasci pure un commento alla fine.

Il secondo conto che non torna è il seguente. Quanto alle caratteristiche architettoniche e distributive dell'edificio ad uso pubblico, la citata delibera n. 125 del 2008 spiega che «l'intervento dovrà essere progettato come ampliamento dell'esistente palazzina attualmente adibita a sede AVIS». È più preciso a riguardo l'articolo pubblicato su Gente Veneta da Beatrice Giai Gischia : «L’Amministrazione comunale ha deciso di utilizzare la stessa cubatura per ampliare la vecchia sede Avis, situata in piazza Donatori, nei pressi degli istituti scolastici. Qui sarà ricavato uno spazio per i donatori Avis con due ambulatori di circa 12 mq, una sala prelievi di 19 mq e una sala d’attesa di 12 mq, così da risolvere definitivamente i problemi logistici relativi alle donazioni di sangue. Nel contempo, accanto alla sede Avis, sorgerà un altro edificio ad un piano nel quale saranno ricavate due sale riunioni di 38 mq, due uffici di 12 mq e altri due di circa 15 mq con i relativi servizi igienici.»

Cosa significa questo? Che spostando i 790 mc (che tra l'altro, come abbiamo visto, dovrebbero essere di più, a mo' di rimborso del terreno liberato nell'area ex ENEL) nei pressi della sede dell'AVIS, questa se ne è automaticamente accaparrati un quarto per il proprio ampliamento. Ora, non voglio discutere se è giusto o no dare ulteriori spazi all'AVIS dopo pochi anni dalla riconversione (questa sì totalmente ed opera dell'amministrazione, per un totale di circa 32.000 euro) degli spogliatoi ALCAMI in nuova sede AVIS (delib. di giunta n. 96 del 17/07/05), quello di cui sono assolutamente certo è che in quei 790 mc (più o meno 240 mq) previsti in origine nell'area ex ENEL, diverse associazioni avrebbero potuto trovare collocazione, non però l'AVIS (che ha bisogno di un ambulatorio, e per di più contiguo alla sede attuale). Immagino quindi che un progetto, o quanto meno l'idea, di un ampliamento dell'attuale sede AVIS esistesse a prescindere. Perché allora andare a sottrarre spazio in questo modo alle «molte associazioni [che] stanno soffrendo per la mancanza di spazi adeguati», assessore Bianchini?

A conti fatti, le associazioni (quanto meno, visti gli intenti, Diapason&Naima, Oltreiconfini, Auser) avranno 150 mq divisi in 6 stanze + servizi, l'AVIS (da sola) 130 mq (80 già esistenti + 50 dell'ampliamento) divisi in 6 stanze + servizi + disimpegni.



(cliccare sull'immagine per ingrandirla)

A conti ri-fatti, le associazioni dovrebbero avere almeno 250 mq, che se progettati seguendo le esigenze e le indicazioni delle stesse associazioni che prevalentemente andranno ad utilizzarle, darebbero luogo a un centro culturale, di formazione e aggregazione di tutto rispetto e non a un campo di battaglia su cui lasciare che le associazioni si scontrino per accaparrarsi una stanza in più. E dirò di più: io valuterei pure l'idea di inglobare nel progetto quella lastra di asfalto impropriamente chiamata "campo da pallavolo", attualmente all'interno del recinto della scuola: uno spazio a mio avviso più pericoloso che non utile per i bambini delle elementari, sopra il quale si potrebbe ricavare col tempo un piccolo auditorium utile sia alle scuole (per le recite, le letture animate, gli spettacoli teatrali) che alle associazioni.

Concludendo, e visto che tante volte ho sentito il Sindaco affermare che «le associazioni sono una risorsa per questo paese», spero si possa aprire un dibattito su questo tema, prima che sia troppo tardi, magari chiamando a raccolta le associazioni davvero coinvolte nel progetto, formalizzando accordi che impegnino da un lato l'amministrazione a realizzare le opere necessarie, dall'altro le associazioni a dare servizi e opportunità di intrattenimento ai cittadini.

sabato 15 agosto 2009

A volte ritornano

Ebbene sì: Al suq è tornato. Non so quanti dei futuri lettori di questo blog si ricorderanno di quel «periodico di informazione e incontro culturale dei giovani di Quarto d'Altino» che tra il giugno 2000 e il dicembre 2001 circolò in non poche copie per il nostro comune. Per chi se lo ricorda, ben ritrovati! Per gli altri esiste un archivio online, raggiungibile cliccando qui, anche se è mia intenzione, con calma, riportare alla luce alcuni articoli ancora di attualità.

Il motivo per cui alle 13.00 del 15 agosto ho deciso di far rivivere Al suq è che mi son reso conto che da troppo tempo ormai non mi fermavo più a riflettere "per iscritto" su quello che succede nel mio paese, Quarto d'Altino – e dico "mio" perché qui abito da quando sono nato, qui sono cresciuto, qui da oltre 15 anni sono impegnato in attività socio-culturali (da Spazio ai giovani ad Al suq, fino a quasi tutto quello che a Quarto è musica, con l'associazione Diapason&Naima), qui lavoro e qui da poco ho messo al mondo un figlio, che qui vorrei crescesse etc. etc.

Insomma: ho deciso di tornare a parlare del mio paese, e lo farò nel modo che mi è da sempre più congeniale. Scrivendo. Anche poesie. Anche racconti. Perché no.

E voi, se vorrete, potrete lasciare liberamente i vostri commenti (cliccando su "commenti" alla fine di ogni articolo).