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sabato 5 dicembre 2009

"Altino dal cielo": un convegno memorabile

L'altro ieri ho presenziato al VI Convegno di Studi Altinati "Altino dal cielo: la città telerivelata - Lineamenti di Forma urbis".

Nel post del 18 novembre scorso promettevo che ne avrei reso conto. Purtroppo (o per fortuna...) mi risulta impossibile riassumere in questa sede la quantità di dati riportati in quasi 5 ore di interventi (causa impegni di lavoro mi son perso la tavola rotonda e la discussione finale). Mi limiterò quindi ad alcune impressioni e considerazioni personali.

Inizio dalla partecipazione, numerosissima: l'aula magna di Ca' Dolfin era piena di gente, seduta e in piedi. Molti gli addetti ai lavori ma soprattutto moltissimi gli studenti. Pochi invece gli altinati, a tal punto che ve li posso quasi nominare uno per uno: a parte il sottoscritto c'era l'amico Roberto Cesaro, l'amica Silvia Conte, il signor Piergiorgio Bertomoro (grande appassionato di storia antica), un ragazzo di cui non so il nome ma che ho visto spesso girare per Quarto e poi, in rappresentanza dell'amministrazione comunale altinate, l'assessore Maurizio Donadelli e il consigliere di minoranza Marco Simionato. Può essere che qualcuno mi sia sfuggito in mezzo a tante facce, ma al massimo saranno un paio.



È un peccato che la partecipazione "locale" sia stata così bassa perché l'argomento del convegno era forse il più importante – o quanto meno il più interessante anche per i non addetti ai lavori – dei 6 che fino ad ora si sono tenuti, a partire da metà anni '90. Prova ne è il fatto che, dopo la pubblicazione dei dati oggetto del convengo sulla rivista americana Science Magazine, la notizia della "scoperta della città romana perduta" ha fatto il giro del mondo.

In poche parole, dall'analisi ed elaborazione degli scatti effettuati durante una campagna di telerilevamento del tracciato della via Annia (strada romana che collegava Adria ad Aquileia, passando per Padova, Altino e Concordia), si è finalmente riusciti a "vedere" non solo l'estensione reale della città ma anche la sua struttura urbana e la totalità del suo complesso monumentale (il foro, il teatro, l'odeon, le terme...), con una precisione di particolari che deve aver lasciato senza parole anche i più cauti studiosi di antichità.
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Infatti, se l'estensione dell'area urbana di Altino era stata pressoché fissata già alla fine dell'800, a seguito di una campagna di ricognizione topografica dell'antico agro altinate, e confermata dalle successive campagne di scavo; se la ricchezza, la bellezza, la complessità urbanistica, la monumentalità di Altino era nota grazie alle testimonianze letterarie degli antichi; ciò di fronte a cui si sono trovati prima i ricercatori del dipartimento di Geografica dell'Università di Padova, poi gli archeologi – e infine, giovedì, pure noi profani – più che una conferma è stata quasi la materializzazione di un sogno (come dimostra anche la scelta, per il titolo del convegno, dell'aggettivo "telerivelata" invece del più corretto – però solo scientificamente... – "telerilevata").

Scrive infatti Margherita Tirelli (direttrice da quasi 25 anni del Museo di Altino) nella guida "Il Museo Archeologico Nazionale e le aree archeologiche di Altino" (Padova, 1993):

Gli scavi finora condotti nell'area urbana attestano l'esistenza di una cinta muraria, probabilmente non continua, di porte monumentali del tipo a due torri, di banchine d'ormeggio, installazioni portuali e magazzini porticati connessi a moli fluviali. Ignota resta attualmente l'ubicazione del Foro, dei grandi edifici a carattere pubblico e religioso, del teatro e delle terme. Poco nota è ancora l'edilizia residenziale privata, urbana e suburbana, anche se non pochi sono i pavimenti a mosaico e in cocciopesto finora venuti in luce.

All'origine di tutto c'è però un dato che non ha nulla a che fare con la tecnologia o con l'archeologia, bensì semplicemente con la storia del nostro territorio. Citando ancora le parole di Margherita Tirelli, Altino è «l'unica città romana del Veneto che, abbandonata dopo le invasioni barbariche, non ebbe continuità di vita e di sviluppo attraverso il Medioevo fino ai nostri giorni», a differenza, per esempio, di Verona, dove l'Arena sta a indicarci la presenza di una città romana di tutto rispetto, ma la cui "forma urbis" è stata completamente stravolta da duemila anni di evoluzione urbanistica.

Dopo essere stata definitivamente abbandonata (nel VII secolo d.C.) e spogliata di gran parte delle sue pietre (utilizzate dai profughi per costruire Torcello, le isole della laguna e la stessa Venezia), Altino non è più stata abitata: la sua carcassa (fatta di strade, di fondamenta, di canali) con il passare del tempo è stata ingoiata dalla terra e lì è rimasta finché qualcuno, verso la fine dell'800 (cioè ben prima che arrivassero i nuovi barbari, quelli con le betoniere e i progetti di espansione edilizia), ha fatto capire alle istituzioni cosa poteva esserci sotto quello strato di terra semi-paludosa, avviando un processo di salvaguardia del territorio che ancora oggi ci permette non solo di godere di un paesaggio di gronda lagunare quasi incontaminato, bensì pure di sperare che un giorno si avveri un altro sogno, ben più ambizioso: quello di veder finalmente realizzato il progetto (ormai vecchio di vent'anni) di un grande parco archeologico.

Certo: questo significherebbe (oltre al tanto atteso trasferimento della sede museale nelle nuove strutture) l'acquisizione di non pochi ettari di campi (la città misurava in tutto, al massimo della sua espansione, sui 75 ettari), l'avvio di una grande campagna di scavi, la realizzazione di percorsi e strutture. Si tratterebbe di un'opera colossale, che però avrebbe come risultato un sito dal valore storico-culturale immenso, e dalle enormi potenzialità turistiche.

Quello che potrebbe essere Altino, in questa prospettiva, è Conimbriga, in Portogallo: una città per molti versi simile, ma grande la metà, che ho avuto modo di visitare nell'estate del 2005. Fondata dai celti, conquistata dai romani nel 139 a.C., si sviluppò in età augustea (I secolo d.C.) munendosi di foro e terme; nel 468 d.C. cadde nelle mani dei barbari (gli Svevi) finendo per venire abbandonata dai suoi abitanti. Il museo fu inaugurato nel 1962 (due anni dopo quello di Altino) e il percorso archeologico tra le rovine, benché si estenda solo per metà di quella che doveva essere l'intera area urbana, mi è risultato incredibilmente vasto. Pensate quindi cosa potrebbe essere passeggiare tra le rovine di Altino! Non dico che sarebbe come stare a Pompei ma...
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Torniamo però ai risultati del telerilevamento. La cosa che più mi ha colpito, dopo la vista così nitida dei due teatri, del foro, delle mura, del reticolo di strade, della via Annia che attraversa la città e lo stesso foro, è stato il grande canale artificiale (rio magnus) che, staccandosi dal fiume Zero, passando sotto le mura più o meno all'altezza dell'arrivo (o partenza) della via Claudia Augusta, attraversando longitudinalmente tutta l'urbe, sfociava in laguna, a poca distanza dal punto in cui sorgeva (e lo si vede ancora) il porto.

Sono diversi i luoghi letterari in cui Altino viene citata per la salubrità dell'aria che vi si respirava, nonostante fosse immersa nelle paludi, e questo proprio grazie al suo sistema idraulico che – inutile dirlo – ricorda molto da vicino quello successivamente utilizzato per Venezia. La citazione più significativa a tal proposito, tra quelle riportate durante il convegno dalla prof.ssa Cresci Marrone, docente di Storia Romana a Ca' Foscari (ma che copio dalla già citata guida cura della dott.ssa Tirelli) è quella di Vitruvio, che nel suo De Architectura (25 a.C. circa) scrive:

Poniamo ora il caso che si debbano costruire le mura di una città in un terreno paludoso, che non si trovi però lungo la riva del mare e guardi a nord oppure a nord-est e sia, infine, più elevato rispetto al litorale marino. Il progetto sarà razionalmente attuabile. Basterà infatti scavare un canale che porti fino alla costa; l'acqua defluirà nel mare e il mare stesso, durante le tempeste, penetrerà con i suoi flutti gonfi fino all'interno della palude, impedendovi la nascita di animali palustri e provocando con la salinità delle sue acque la morte di quegli esemplari che, provenienti dall'interno, siano giunti a nuoto fino alla zona costiera. Ne sono un esempio, proprio per la straordinaria salubrità che hanno acquistato con tali accorgimenti, le paludi della Gallia che circonda Altino, Ravenna, Aquileia e altri municipi di quella regione.

Altino, la città fondata dai Veneti sicuramente a partire dal VI-VII secolo a.C., romanizzata a partire dal 131 a.C. con la  costruzione della via Annia (confrontate le date con quelle di Conimbriga...), divenuta formalmente municipio romano tra il 49 e il 42 a.C., sviluppatasi durante tutto il I secolo d.C. fino a diventare uno dei maggiori scali dell'alto Adriatico; Altino famosa per l'importanza dei suoi commerci, per la lana delle sue pecore, per il latte delle sue vacche, nonché per il suo impianto urbanistico in cui terra e acqua convivevano in perfetta armonia; Altino grande come Pompei, importante come Ravenna; Altino invasa e distrutta dai barbari tra il V e VII secolo d.C. (l'invasione di Attila è datata da Paolo Diacono al 452 d.C.); Altino dalle cui genti, e dai cui resti, prende il via il processo di "urbanizzazione" delle isole della laguna da cui nascerà quel gioiello unico al mondo che è Venezia.

Insomma, ce ne sono di motivi per essere orgogliosi di essere altinati – vecchi e nuovi – al di là di ogni retorica, no? Il problema è che non tutti gli altinati – vecchi e nuovi... – sanno cos'è stata e cos'è attualmente Altino. E se gli addetti ai lavori – archeologi, storici, ricercatori di varie discipline – in questi anni si son dati molto da fare per fare emergere dall'oblio la città in tutta la sua importanza, altrettanto non si può sempre dire delle istituzioni, dalla più grande alla più piccola.

Il problema, ad esempio, degli spazi museali insufficienti è vecchio come il cucco, tant'è che il Ministero per i Beni Culturali acquistò già nel 1984 due edifici rurali, i cui lavori di restauro e ristrutturazione erano, nel 1993 (quando la direttrice del Museo compilava la guida più volte citata), «ormai in fase avanzata», ma che allo stato attuale risultano abbandonati ormai da anni (pare che i fondi siano finiti nel 2000, come si legge in un'intervista all'assessore alle Azioni per lo sviluppo di Altino, Maurizio Donadelli, pubblicata su Gente Veneta).

Dopo il recente articolo uscito sul Gazzettino del 22/11/09, in cui si lamenta che dei 10 milioni di euro necessari a far partire il nuovo Museo il Ministero dei Beni Culturali ne ha stanziati solo 500, proprio oggi è uscito sulla stampa locale un comunicato della Regione Veneto (a firma del portavoce del presidente Galan, Franco Miracco) nel quale si legge che:

la Regione ha recentemente finanziato, utilizzando risorse comunitarie, la realizzazione del nuovo Museo Archeologico di Altino con 4 milioni 800 mila euro per una spesa complessiva di 6 milioni di euro allo scopo di poter finalmente aprire al pubblico uno spazio museale indispensabile per la comprensione del formarsi e dell'evolversi di un sito urbano e portuale dall'eccezionale valore. È previsto che i lavori del nuovo Museo abbiano termine nel 2012. Si tratta di attività progettate, sviluppate e realizzate con il supporto della struttura regionale alla cui guida c'è la dottoressa Clara Peranetti.

Che qualcosa finalmente si stia muovendo? Lo speriamo tutti vivamente.

5 commenti:

  1. ciao mirko, sai se sono stati pubblicati gli atti del convegno Altino dal cielo? se è prevista una pubblicazione? è così appassionante e tuttavia così poco conosciuto questo meraviglioso rivelamento...francesco

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  2. Ciao Francesco. Spero tu possa leggere la risposta qui. Ma non avendomi lasciato un indirizzo email non posso fare diversamente :-)

    Le pubblicazioni degli atti hanno sempre (non solo per i convegni altinati) tempi di gestazione abbastanza lunghi. Gli atti dei convegni altinati di solito sono pubblicati da Quasar Edizioni. I precedenti li trovi andando su http://www.edizioniquasar.it e cercando, nel catalogo, la collana "Quaderni di Archeologia del Veneto".

    Appena ho modo di sentire la direttrice del Museo mi informo sui tempi per questa nuova pubblicazione. L'ultima volta in cui l'ho vista mi ha però detto che è intenzionata, in occasione dei festeggiamenti per i 50 anni del museo (quindi questa primavera), a riproporre un sunto del convegno proprio ad Altino.

    Se così fosse, ne darò sicuramente notizia su queste pagine.

    Ciao. Mirko.

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  3. grazie mirko. terrò d'occhio il tuo blog per sapere quando si terrà il sunto del convegno.
    francesco

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  4. Sa elo che col sercio live in meso a Altin. Sélo on staloto?
    Da ondove parteli i strisi ca gira in torno al mondo? Sé su l'ase del Agoso. Sé ani ca serco.
    Pa capire mneio varda su Google books 'The four Surveyors'

    Iulio Pexati

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  5. Arianna SDdP13/01/11, 17:07

    Ciao Mirco,

    mi chiamo Arianna e sono di San Donà di Piave.
    Avrei bisogno di ritrovare quell'articolo che è uscito su Science Magazine, però non so come fare, mi potresti gentilmente aiutare?
    Il mio indirizzo email è: arybrief@hotmail.it

    Grazie mille

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