Un incontro per parlare di "identità e nuovi scenari" per Portegrandi. Ma andiamo a vedere com'è attualmente la più estesa frazione di Quarto a 6 anni dall'approvazione del piano di recupero della Conca, che avrebbe dovuto rilanciarla...
Dipinte in queste rive
son dell'umana gente
le magnifiche sorti e progressive.
(Giacomo Leopardi)
son dell'umana gente
le magnifiche sorti e progressive.
(Giacomo Leopardi)
Venerdì sera (19 novembre), alle 20.45, presso il Centro Civico di Portegrandi, si terrà un incontro pubblico dal titolo "Portegrandi: identità e nuovi scenari". Ospite della serata il prof. Ivano Sartor, ex sindaco di Roncade, attualmente direttore degli Archivi Contemporanei della Fondazione Cassamarca, e autore di numerosi testi sulla storia veneta e della Marca trevigiana, tra cui due bei libri sul nostro territorio: Altino medievale e moderna e Le Porte Grandi del Sile. Ad intervistarlo ci sarà Silvia Conte, esperta di economia del turismo.
La serata è organizzata dall'associazione culturale Porta dei Parchi: un'associazione che ho sentito nominare per la prima volta in questa occasione, nonostante abbia sede a Quarto d'Altino. L'indirizzo e i numeri di telefono presenti nella carta intestata rimandano a quelli della sede della società Marina di Portegrandi - Vivaldi S.r.l., ovvero la proprietaria dell'area della nuova darsena e di gran parte della zona della "Conca", nonché promotrice nel 2004 del P.I.R.U.E.A. finalizzato a realizzare «in nome e per conto di tutti i proprietari delle aree interessate [...] il riassetto urbanistico della Conca di Portegrandi».
Devo essere sincero: che i promotori del progetto "Marina di Portegrandi" tornino oggi a proporre di parlare di "nuovi scenari" (e ancor più di "identità") per Portegrandi, visto come sta procedendo il piano di recupero della "Conca" a quasi tre anni dall'inizio dei lavori, mi sembra alquanto bizzarro.
Per capire di cosa sto parlando, basta visitare il sito della Marina di Portegrandi, partendo proprio dalla pagina relativa al P.I.R.U.E.A, dalla quale si può visionare e scaricare un interessante planimetria dell'area con il progetto definitivo
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e confrontarlo con la situazione attuale...
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Degli interventi previsti dal progetto (darsena, residence, club house, shopping center, impianti sportivi, recupero dell'isola della "Conca") sono stati realizzati solamente la darsena, il residence e il recupero di un paio di edifici ad uso residenziale nei pressi della chiusa.
Niente albergo, niente "centro commerciale", niente "club house" (centro polifunzionale con uffici, centro fitness, show room, ristorante-pizzeria vista darsena, piscina, lounge bar con terrazza scoperta), niente impianti sportivi, nemmeno una delle «almeno 250 nuove unità abitative che daranno vita ad altri tre borghi in aggiunta al borgo storico sull’Isola».
Ma l'eredità che per ora il progetto ha lasciato sulla frazione di Portegrandi si estende a mio avviso ben oltre i confini della "Conca". Basta fare un giro in zona e sovrapporre lo scenario presente con un'ideale fotografia scattata dieci – o anche meno – anni fa.
È come se in questo periodo qualcosa abbia prosciugato la linfa vitale della frazione, specialmente dal punto di vista delle piccole attività commerciali, che – si sa – stanno alla base della socialità e del senso di comunità, in particolare nei piccoli centri.
Prendiamo la Conca: fino a pochi anni fa c'era ancora la trattoria e "el casoin" (quel "casoin" da cui parte tutta la storia del bellissimo romanzo Mala Aria - il Veneto della carestia di Antonella Benvenuti), e questo significava vita. Poi, l'edificio che ospitava queste due attività secolari è stato incluso nel piano di recupero e... andate a vedere com'è preso: abbandonato dopo un primo abbozzo di restauro, mentre la chiesa del tardo '600 «nella quale sono stati ricavati 6 appartamenti di circa 70 mq al piano terra e piano primo con terrazze vista darsena e con giardini di pertinenza che si affacciano sulla darsena mediante accesso diretto al posto barca» casca sempre più a pezzi (nonostante il sito della Marina ne parli come di cosa fatta: «sono stati ricavati...»). Una volta poi attraversate le chiuse, l'unica certezza che ti accompagna durante la passeggiata verso l'argine del taglio del Sile è che è "vietato l'accesso", ribadito ossessivamente con cartelli di tutte le dimensioni: cosa che fino ad almeno 10 anni fa non succedeva, tant'è che ogni altinate doc avrà avuto modo di addentrarsi nella tranquillità dell'isola dei Marzi spingendosi fino all'argine che dà sulla laguna nord.
Anche dall'altra parte della Triestina la situazione non è delle migliori: l'unico luogo di ritrovo è rimasto il bar-pizzeria e B&B "Al vecio stampo", e le uniche attività commerciali che resistono (se escludiamo la banca e la posta, che visti gli affitti ridicoli che pagano al comune non hanno nessun motivo di andarsene: nel 2009 la banca pagava 10.890 euro l'anno, le poste – ormai da tempo privatizzate e diventate a loro volta una banca... – 3098,76 euro l'anno) sono la farmacia e la parrucchiera, dopo che negli ultimi cinque anni hanno chiuso l'alimentari, la macelleria, la ferramenta, la merceria e la locanda.
A Carafia (appena al di là del cavalcavia della Triestina) le cose vanno un po' meglio, in proporzione alla dimensione dell'abitato, visto che resiste il panificio e il bar/tabacchi/edicola, un'altra parrucchiera e un'estetista, ma dove quell'edificio incompiuto e posto sotto sequestro dal Tribunale di Venezia, sorto sulle ceneri della pizzeria "da Mario", incombe sulla località come un triste presagio...
Pensare che il mega-progetto del "porto turistico" non abbia svolto un suo ruolo in tutto questo significa sottovalutare la realtà, visto che il rilancio della frazione di Portegrandi doveva passare proprio per "questo" progetto: un progetto che, oltre al recupero urbanistico di un'area degradata, ma comunque viva e frequentata proprio per il suo essere ancora così caratteristica (mi riferisco ala "Conca", o "Vaso" che dir si voglia), prometteva posti di lavoro.
In un'ottica del genere "impiantarsi" (come diciamo noi) con un'attività avrebbe voluto dire darsi la zappa sui piedi, com'è successo negli anni passati a buona parte di chi ha aperto un'attività commerciale nuova in uno dei tanti paesi immersi nella rete di centri commerciali che imprigiona il nostro territorio. Anche perché, stando alle informazioni che si trovano nel sito della Marina di Portegrandi, non è molto chiaro quali attività e servizi precisamente verranno realizzati, e soprattutto come potranno essere usufruiti dai cittadini non proprietari o non clienti (dell'hotel, del residence, della darsena etc.). Se si considera poi che a progetto appena approvato fu fatto girare per la frazione un questionario nel quale si chiedeva alla cittadinanza che tipo di servizi e attività avrebbero voluto nascessero all'interno della darsena, è chiaro che chiunque, prima di rischiare tempo e denaro, ci abbia pensato più e più volte, per poi decidere che non ne valeva la pena.
Insomma: l'impressione che mi sono fatto è che Portegrandi, in questa situazione, si sia seduta sulla sponda del fiume ad aspettare che passasse non il cadavere del suo nemico – come dice il proverbio cinese – ma il suo salvatore; il quale però – per colpa di ritardi, della crisi economica o semplicemente di un progetto troppo ambizioso – si è fatto aspettare per troppo tempo, al tal punto che il paese non solo non è stato rilanciato, ma – come abbiamo visto – per certi versi è pure regredito.
Tutto questo a mio avviso deve far riflettere su un concetto fondamentale: quando le soluzioni vengono dall'alto e non dal basso (quindi non da un bisogno concreto e localizzato, ma da un bisogno ideale e confezionato per avere più "appeal") possono recare più danno che beneficio, anche se fatte in – totale o parziale – buona fede.
Detto questo, sono curioso di sentire, venerdì, quali "nuovi scenari" si prospettano per questa frazione che, con Altino, Trepalade e San Michele Vecchio, rappresenta il "cuore" storico, tradizionale e culturale del nostro paese (a tal proposito rimando all'articolo El vecio parlar de Quarto, pubblicato esattamente 10 anni fa sulle pagine di Al Suq, e per il quale mi ero avvalso della gentile "consulenza" del prof. Sartor, all'epoca impegnato nella stesura di "Altino medievale e moderna").
A distanza di 3 mesi la Locanda ha riaperto, mentre il panificio se n'è andato da Carafia per prendere il posto lasciato libero – se non ricordo male – dalla ferramenta, quindi verso il centro del paese.
RispondiEliminaSono partito da Portegrandi circa 45 anni fa ... era il posto più bello del mondo!!!¡
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